venerdì 4 settembre 2009

Un "gradito" ritorno







Dopo due anni dalla fine del nostro rapporto FemDom, a luglio ho ricevuto una e-mail di mia cugina Dea Monica che mi invitava (anzi è forse meglio dire che mi obbligava) a trascorrere almeno una giornata con Lei nel piccolo chalet che aveva affitato per il mese di agosto nei boschi di una località della Val Gardena (che non cito).



Finalmente!Non vedevo l'ora di incontrare nuovamente la mia unica Dea e quindi accettai immediatamente l'invito (sebbene Lei non mi avrebbe mai permesso un rifiuto!).



Sempre tramite e-mail Dea Monica mi inviò le indicazioni per raggiungere lo chalet e, naturalmente, la data del giorno in cui mi aspettava.



Comiciai a cotare i giorni che mi separavano dal fatidico momento in cui avrei ritrovato la mia Dea e l'attesa mi apparve quasi interminabile.



Quando arrivò il giorno stabilito rilessi l'e-mail di "invito" (come se non la conoscessi già a memoria!) e, con un larghissimo anticipo partii da Milano alla volta dello chalet.



Era da quando Dea Monica si era trasferita a Roma per motivi di lavoro, due anni fa appunto, che non La vedevo e in tutto questo tempo non ero riuscito a trovare una valida Dominatrice adatta a farmi suo schiavo.



Seguendo attentamente le istruzioni (e facendo comunque un paio di errate divagazioni stradali) giunsi allo chalet.La minuscola casetta sorgeva in una piccola radura affogata nei boschi di conifere e mi apparve completamente isolata dal resto del mondo.Provai un brivido al solo pensare di vivere in quel posto così isolato e, per un attimo, mi mancò il casino e i rumori di Milano.



Scesi dall'auto e mi guardai intorno:il luogo sembrava deserto.La frescura generata dal bosco e da una leggera brezza mi fece rabbrividire ma probabilmente la cosa era dovuta soprattutto alla grandissima emozione che permeava il mio corpo.



Improvvisamente vidi spalancarsi il portoncin di ingresso dello chalet e sulla soglia apparve Lei:la mia unica Dea!



Monica!



Statuaria e bellissima come quando mi aveva lasciato indossava un miniabito nero con le manche lunghe e calze nere velate.Con i Suoi occhi di ghiaccio mi guardò, gelidamente, per alcuni istanti poi si guardò intorno tranquillamente.



-Vieni qui, schiavo.-disse a voce bassissima.



Con il cuore che mi rimbalzava in bocca mi avvicinai a passi cortissimi e, quando fui a un paio di metri dalla mia unica Dea, Lei mi ordinò stizzita:



-In ginocchio!



Mi gettai immediatamente a terra facendomi quasi male.La vidi rientrare nello chalet lasciando la porta spalancata.Sgattaiolai nella casetta e, appena fui entrato, Lei chiuse il portoncino con un gesto secco.Mi bloccai all'ingresso attendendo ordini e vidi le Sue splendide ed affusolate gambe passarmi davanti.Naturalmente abbassai lo sguardo e, dopo tanto tempo, potei vedere le meravigliose Calzature della mia Dea:erano le Sue preferite, quelle Scarpe in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo che, negli anni passati, ero stato costretto a venerare centinaia di volte.



Danzando con leggiadria sui Suoi altissimi tacchi a spillo come se Essi facessero parte integrante dei Suoi Piedi, la mia Dea mi scortò in un piccolo salottino dove si sedette, accavallando le gambe, su un divanetto.



Mi guardai intorno per qualche secondo come per orientarmi.Notai un orologio che segnava le ore 10,00 del mattino.Ero puntuale all'appuntamento.



-Cosa stai aspettando, schiavo?-disse con estrema arroganza Dea Monica.-Vieni ad adorarMi!



Scivolai velocemente fino ai Suoi Piedi ed iniziai a baciare con passione le Scarpe Divine.La sensazione che mi diede il contatto con la pellelucida fu straordinaria, l'odore forte ed inebriante del cuoio trattato mi riempì le narici.



Non so dire per quanto tempo durò quell'umiliante (ma fantastica!) adorazione, so solo che ad un certo punto Dea Monica mi disse che aveva fame e che si era preparata un'insalata e mi ordinò di andarla a prendere nel frigorifero.



Strisciai velocemente fino alla cucina, presi la ciotola contenente l'insalata e le posate, e tornai da Lei.



Dea Monica iniziò a pranzare ma, notando che restavo immobile ai Suoi Piedi, mi ordinò:



-Continua ad adorarMi, schiavo, non sei in vacanza.



Ripresi a venerare le Scarpe Divine sperando che, bonariamente, Lei mi volesse concedere un paio di bocconi avanzati dato che non mangiavo nulla dalla sera prima e, si sa, l'aria di montagna mette fame...



Naturalmente mi sbagliavo a sperare che Dea Monica potesse trasformarsi in un angelo di bontà e quindi terminò tranquillamente il Suo pasto e, alla fine, si accese una sigaretta.



-Spogliati, schiavo.-ordinò dopo aver spento il mozzicone.-Voglio divertirMi un pò, adesso.



Mi spogliai immediatamente restando in mutande dato che, ricordavo, Lei odiava vedere il mio ributtante organo sessuale.Riuscii a guardare ancora l'orologio:segnava le 14,30.



-Inchinati!-mi ordinò quando ebbi finito il mio strip-tease e, per farmi abbassare di più, mi schiacciò la testa con il tacco a spillo di una Scarpa Divina facendomi maledettamente male.



Mentre ero in quella scomodissima posizione Lei iniziò a girarmi intorno lentamente facendomi sentire i Suoi altissimi tacchi a spillo che battevano sul pavimento.



Improvvisamente dieci fortissime frustate raggiunsero la mia schiena nuda facendomi trasalire e non solo per il dolore.



Mentre riprendevo fiato Dea Monica toccò la mia schiena per valutare gli effetti devastanti della Sua frusta.Lei emise un gemito di piacere, poi riprese a frustarmi.



Altri dieci colpi, poi altri dieci, poi altri dieci.



A ogni serie di dieci frustate cambiava il Suo strumento di piacere:aveva, infatti, due staffili, un frustino da fantino e un gatto a nove code.



Quando finalmente fu soddisfatta sulla mia schiena si potevano contare i segni di 150 pesantissime frustate.



Ero veramente distrutto.Il dorso mi doleva terribilmente.



-RingraziaMi, schiavo!-ordinò crudelissima tornando a sedersi.



Strisciai fino alle Scarpe Divine ed iniziai a baciarLe sussurrando parole di ringraziamento.



La venerazione continuò per molto tempo tanto che il dolore alla schiena si abbassò seppur leggermente.



Quando fu stanca mi scalciò via.



-Puoi tornare da dove sei venuto, schiavo.-mi disse freddamente.-Quando avrò ancora voglia di dominarti ti chiamerò.



-Grazie, mia unica Dea.-risposi a voce piuttosto alta.



Lei si alzò e uscì dal salottino andando verso la Sua camera.Io mi rivestii in fretta e uscii dallo chalet per riprendere la mia auto.



Senza dire una parola partii e non feci soste fino a casa, un pò perchè comunque la schiena mi faceva molto male e un pò perchè volevo vedere gli effetti del sadismo di Dea Monica sul mio corpo di schiavo.



Appena a casa mi spogliai e rabbrividii vedendo la maglietta sporca con alcune gocce di sangue, poi mi osservai allo specchio e provai una grande emozione e una grande soddisfazione nel vedere la mia schiena così orribilmente massacrata.Ma ne valeva la pena!






PS:Allego tre foto che mi sono scattato per documentare la crudeltà di Dea Monica.

lunedì 3 agosto 2009

Video FemDom/001-Una splendida Dea Dominatrice

Racconto FemDom/006-Immagine


Racconto FemDom/006

LA SEGRETARIA

Mi trovavo nella sala d'aspetto di un piccolo ma decoroso studio notarile situato nella periferia est della città.Ero lì per rispondere a un annuncio di lavoro riguardante un posto di segretaria privata che mi interessava parecchio in quanto rispondevo perfettamente a tutti i requisiti richiesti.L'annuncio diceva pressappoco così:

NOTAIO CERCA SEGRETARIA PRIVATA ANCHE SENZA ESPERIENZA.SI RICHIEDE ESPRESSAMENTE OTTIMA PRESENZA, ELEGANZA, DETERMINAZIONE E INTELLIGENZA.

Seguiva l'indirizzo e un numero di telefono a cui avevo telefonato subito per accordarmi per un appuntamento.
Rilessi mentalmente l'annuncio mentre Mi osservavo nel grande specchio che ricopriva interamente una parete della sala.Il Mio corpo da fotomodella sedeva tranquillamente con le lunghe gambe accavallate sul divano di velluto viola.Mentre aspettavo ricontrollai ogni minimo dettaglio del Mio abbigliamento e del Mio make-up.Mi guardai le Scarpe:avevo deciso di indossare un paio di decoltè in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo che, a casa, Mi sembravano molto eleganti e molto sensuali, ma che in quel momento mi parevano quasi fuori luogo.Le calze nere, invece, inguainavano perfettamente le Mie splendide affusolate gambe lasciate abbondantemente scoperte da una ridottissima minigonna in raso nero che lasciava intravvedere anche il bordo ricamato delle calze ogni qualvolta accavallavo le gambe con un movimento molto teso.La Mia camicetta bianca era impeccabilmente stirata ed immacolata e si piegava dolcemente sulla curva dei Miei seni sodi e turgidi mettendoli particolarmente in risalto.Il Mio abbigliamento poteva sembrare troppo sexy ma in effetti volevo prendere per la gola il notaio senza comunque concederMi come una puttana.Osservai il Mio viso ovale:Mi ero truccata con molta attenzione incipriando scrupolosamente ogni angolo del Mio già bel volto, poi avevo valorizzato le Mie esili labbra con un rossetto rosso vivo e gli occhi con un velo di ombretto.I Miei capelli biondo-cenere incorniciavano il Mio volto con armonia.
Ero bella:Mi piacevo.
Mentre rimuginavo sul Mio aspetto una porta si spalancò all'improvviso.Mi apparve un uomo di circa quarant'anni, alto e snello, con una figura elegante sebbene non molto affascinante.Io lo guardai con i Miei occhi azzurri scattando in piedi come una molla, lui Mi squadrò per un'istante con un'aria quasi assopita poi, appena si accorse chi aveva di fronte, la sua attenzione salì all'improvviso come un razzo a propulsione, soprattutto, stranamente, dopo averMi fissato con scrupolo le Mie Scarpe.
-Buongiorno, Signorina.-disse balbettando come uno scolaretto alla prima interrogazione.
Gli lanciai un'occhiata sorridendogli dolcemente.
-Buongiorno.Sono venuta per il posto di segretaria privata.
L'uomo sorrise raggiante e fu come se quelle Mie parole lo avessero fatto entrare in un mondo da sogno.Si scostò e Mi mostrò l'interno del suo ufficio.
L'ufficio era molto spazioso e arredato con un gusto moderno sebbene forse troppo poco personalizzato.
L'uomo Mi fece entrare compiendo ampi gesti di cerimonia quasi si trovasse di fronte a un personaggio famoso oppure a un ricchissimo industriale, quindi prese una grossa poltrona imbottita in pelle nera e Mi chiese di accomodarMi.
Mi sedetti e, con fare sensuale, accavallai le gambe cercando di mostrare il più possibile il bordo ricamato delle calze.Lui Mi guardò per una frazione di secondo in volto, poi, quando Io feci incrociare i Miei occhi con i suoi li abbassò cominciando a fissare le Mie Scarpe in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo.
La cosa Mi sembrò quantomeno strana, ma non dissi nulla.
-Come si chiama, Signorina?-Mi chiese continuando a fissarMi le Scarpe.
-Cristin.Cristin Hale.-risposi cercando di fare una voce calma e risoluta.
-Ha esperienze lavorative?
-No.Mi dispiace.-dissi celando con un tono gelido il Mio imbarazzo.
-Non è un problema:preferisco avere una segretaria alle prime armi piuttosto che una che è già abituata a lavorare.
-Spero di essere all'altezza.-mormorai mostrando un velo di timidezza.
-Sicuramente sarà perfetta.E'molto bella.-disse balbettando.
-Grazie.-il tono della Mia voce si fece leggermente sensuale.
-Vedo che ha un ottimo gusto per l'abbigliamento… -disse arrossendo come un pomodoro.-soprattutto per le Scarpe.
Abbassai gli occhi a guardarMi le Scarpe:nere, lucidissime, brillavano nella grande luce dell'ufficio.
-Le piacciono?-chiesi sorridendo.-Temevo che fossero troppo appariscenti con questi tacchi a spillo lunghi e assottigliati come stiletti…
-Io adoro le Scarpe come queste.-rispose guardando ossessivamente le Mie Calzature.-Mi piacerebbe, se fosse possibile, che Le indossasse sempre in ufficio.
Gli lanciai un'occhiata stupita e, quasi, divertita.
-Questo significa che sono assunta?-domandai con una voce tra il sexy e il freddo.
-Certamente:stabiliremo subito gli orari di lavoro e il valore dello stipendio.-disse rialzando per un solo secondo gli occhi sul Mio viso per poi ritornare a guardare le Scarpe.
-Io non ho grandi problemi di orari:sono disponibile a qualsiasi ora, anche per fare straordinari se occorre.-Mi affrettai a dire.-Inoltre avendo appena iniziato a lavorare non pretendo più del minimo sindacale.
-Per me è sufficiente che venga in ufficio la mattina e il pomeriggio nelle ore e per il tempo che Lei riterrà opportuno concedermi.-disse sempre più abbagliato dalle Mie Scarpe.
-Mi scusi, temo di non aver capito:Mi sta dicendo che posso venire in ufficio quando voglio e restarci solo per il tempo che voglio?-chiesi sorpresa.
-Esatto:non pretendo che sia sempre qui.La prego solo di venire ogni mattina e ogni pomeriggio a Sua discrezione.Sempre che non abbia altri impegni a cui pensare, ovviamente.
Lo guardai con stupore.
-E come verrà calcolato il Mio stipendio?-chiesi con austerità.
-Di questo dovremmo discutere:io pensavo di proporLe una cifra alla settimana senza tener conto di orari e presenze.
-E quanto sarebbe questa cifra?
-2000 dollari alla settimana.
Sussultai leggermente sulla poltrona, ma lui non se ne accorse immobilizzato com'era a guardarMi le Scarpe.
2000 dollari alla settimana!Era un sogno per Me.Voleva dire 8000 dollari al mese:uno stipendio da dirigente!Senza contare che Mi era stata richiesta solo una passiva presenza in ufficio!Per una cifra di quel genere ero disposta a tutto, anche a…
Ma forse stava solo scherzando.
-Vuole scherzare?-dissi risoluta cercando di mantenere la calma.
-No, no, parlo sul serio:non sono mai stato più serio in tutta la mia vita, lo giuro.-spergiurò senza smettere di osservare le Mie Calzature.-Sono disposto a mettere per iscritto le mie proposte:nero su bianco.
Fu così:scrisse a macchina un contratto e lo firmammo entrambi;per Me cominciava un bellissimo sogno.

Le prime tre settimane volarono via in un attimo.Inizialmente Mi presentavo puntualissima alle 8 del mattino e alle 2 del pomeriggio in ufficio dove trovavo il notaio che batteva a macchina alcuni lunghi atti burocratici e Mi proponevo per dattilografarli Io stessa, ma lui, appena entravo, smetteva di lavorare ed iniziava a guardarMi le Mie Scarpe in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo mentre Io facevo finta di non accorgerMi di nulla.La cosa andava avanti per qualche minuto poi lui Mi congedava lasciandoMi il resto della mattina, o del pomeriggio, liberi.
Poi iniziai a essere un po' meno puntuale e spesso e volentieri Mi facevo vedere in ufficio in orari sempre più disparati.La cosa non irritava affatto il notaio che, ogni qualvolta Mi vedeva arrivare, sorrideva raggiante e Mi veniva incontro fissando con calore le Mie Scarpe.Lui, comunque, era sempre puntualissimo a lasciarMi ogni venerdì sera i 2000 dollari pattuiti dal nostro contratto, anche se, in realtà, Io non eseguivo nessun lavoro in quello studio notarile.
Ogni tanto Mi veniva da chiederMi come mai al notaio interessassero così particolarmente le Mie Scarpe:avevo sentito che agli uomini piacciono molto i tacchi altissimi a spillo ma solo come integrazione sexy di un tipo di Donna molto sensuale e aggressiva, ma il rapporto che c'era tra Me, le Mie Scarpe e il notaio era molto più complesso.Lui guardava solo ed esclusivamente le Mie Scarpe, e raramente Mi lanciava delle rapidissime occhiate in viso, quasi che non avesse il coraggio e non osasse di alzare gli occhi su di Me.
La cosa inizialmente Mi infastidiva ma poi Mi abituai talmente a quella strana situazione che presi a mettere in risalto le Mie Calzature nere e lucide cercando di tenerLe sempre in primo piano:cominciai a mostrarLe apertamente all'uomo quasi come se fossi un'indossatrice che deve fare ammirare il suo abbigliamento, nel Mio caso le Scarpe, al suo pubblico.Così ogni qualvolta accavallavo le gambe facevo dondolare la Scarpa che tenevo sollevata facendogliela ballonzolare sotto gli occhi oppure la facevo salire e scendere lentamente facendo scorrere la gamba, oppure quando mi concedevo una sigaretta sul terrazzo interno dello studio spegnevo il mozzicone schiacciandolo con decisione con la punta di una Scarpa, o, ancora, esaltavo il ticchettio dei tacchi altissimi a spillo che battevano ritmicamente sul pavimento in marmo pregiato dell'ufficio.
Spesso capitava che il notaio facesse cadere 'per errore' una penna oppure un foglio facendoli rotolare abilmente fino alle Mie Calzature per poi riprenderli sfiorando con le mani quelle Scarpe che per lui erano degli autentici feticci.
Un giorno accadde un episodio che Mi aprì gli occhi non solo sulla personalità del notaio ma, curiosamente, soprattutto sulla Mia.
Quella mattina un acquazzone fortissimo allagò la città e Mi sorprese mentre facevo shopping.Mi trovavo a pochi passi dall'ufficio del notaio e, sebbene non avessi molta voglia di camminare, decisi comunque di recarMi allo studio evitando di saltare l'appuntamento mattutino, cosa che, peraltro, facevo spessissimo.
Anche se pioveva a dirotto riuscii a non bagnarMi ed entrai nello studio notarile senza disturbarMi a suonare come ero abituata a fare.Attraversai la sala d'aspetto di fretta concedendoMi solo un istante per controllare il Mio aspetto, poi entrai nell'ufficio.
Lui sedeva sulla grande poltrona di pelle nera e, come era solito fare, si alzò per permetterMi di occupare quel posto prestigioso e comodissimo.Appena seduta accavallai le gambe inguainate in calze nere velate e scoperte da una minigonna rossa e, quasi con noncuranza, lanciai un'occhiata alle Mie Scarpe in vernice nera. Mi accorsi solo in quell'istante che l'acqua sulla strada Le aveva imbrattate sporcando la tomaia lucida in modo non irreparabile ma alquanto sudicio.
Cominciai a preoccuparMi che lui potesse arrabbiarsi per quel piccolo inconveniente e temetti di essere richiamata in quanto in quell'ufficio la Mia unica occupazione era di mostrare le Mie Scarpe.
L'uomo si piazzò di fronte a Me e iniziò a guardare le Mie Calzature.
-Le Vostre Scarpe si sono sporcate… Mi dispiace, mi dispiace davvero.-disse con una voce ed un'aria di mortificazione totale.-E'solo colpa mia:non avrei dovuto permetterVi di venire oggi con questo brutto tempo!E'solo colpa mia!
Le sue grida di disperazione Mi stupirono realmente in quanto si assumeva ogni colpa di quello che per lui era un vero disastro.
-Non ti preoccupare, -dissi dandogli del tu come lui stesso Mi aveva permesso.-sono solo sporche:sarà sufficiente pulirLe con uno straccio leggermente umido.
La Mia voce era tornata tranquilla e parlai con un tono leggermente arrogante e deciso dettato dallo scampato pericolo.Lui si limitava solo a fissare le Scarpe quasi che quel piccolo inconveniente avesse pregiudicato per sempre la sua vita.
-Non preoccuparti, -dissi con una punta di arroganza-verranno come nuove.-feci una pausa continuando poi con lo stesso tono.-Se vuoi posso permetterti di pulirmeLe con la lingua!
Alla Mia battuta scherzosa lui rispose con un'espressione strana:Mi accorsi per la prima volta che Mi guardava negli occhi immobile con il viso pallidissimo.Sebbene imbarazzatissima e tesa Mi limitavo a guardarlo con il luminoso sorriso che avevo prodotto quando lanciai la battuta
Rimasi anch'Io immobile con quell'espressione raggiante anche se dentro di Me il cuore batteva all'impazzata:temevo di aver parlato troppo.
Per quell'interminabile minuto ci fissammo come un cacciatore con la sua preda:ma non era ancora chiaro chi era il cacciatore e chi la preda.
Lentamente lui abbassò gli occhi sulle Mie Scarpe restando in piedi di fronte a Me.
-Mi permette davvero di pulire le Sue Scarpe con la lingua?-chiese con un filo di voce.In quel momento fissava il pavimento dinnanzi ai suoi piedi.
Io lo guardai con occhi asciutti vedendo davanti a Me un uomo che Mi chiedeva se potevo concedergli di pulire le Mie Scarpe con la sua lingua.Il sorriso che avevo stampato sul viso si sciolse.
-La prego, mi permetta di pulirLe le Scarpe con la lingua.La prego, per me sarebbe un grandissimo onore, mi creda.-aggiunse con una vocetta esile.-La imploro…
Guardai quel relitto d'uomo che avevo di fronte che Mi chiedeva di permettergli di umiliarsi e degradarsi davanti a Me come se Io fossi una Divinità, poi guardai le Mie Scarpe.Le Mie labbra lentamente ma inesorabilmente si trasformarono in un impensabile sorriso e, come se fossi un Dio, con voce ferma e forte ordinai:
-LeccaMi le Scarpe e pulisci ogni più piccolo granello di polvere da Esse.
L'uomo senza alzare mai lo sguardo si inginocchiò a terra e, dopo un attimo di esitazione, posò le sue labbra secche sulla Scarpa che tenevo alzata a causa dell'accavallamento delle gambe.
La sua lingua iniziò a leccare lentamente ma continuamente la tomaia lucida e nera ripulendola da ogni traccia di sporcizia ed insistendo particolarmente sulla punta della Scarpa e sul Suo tacco a spillo.
Io osservavo immobile quell'atto di estrema sottomissione nei Miei confronti ma nella Mia testa c'era un fermento estatico:quella situazione di superiorità Mi provocava un vero e proprio orgasmo sessuale e Mi resi conto improvvisamente della Mia natura di Essere Dominante.Mentre quell'uomo Mi leccava le Scarpe Io Mi sorpresi a sognare di poterlo frustare a sangue sottomettendolo a ogni Mio più umiliante desiderio dominandolo come una bestia.Ogni suo colpo di lingua Mi faceva scendere nella voluttà regalandoMi sensazioni che non avevo mai provato prima: scoprii così le Mie inclinazioni sadiche e crudeli.
Guardai la Scarpa che quella carcassa di uomo Mi stava lucidando con la lingua: stava facendo un ottimo lavoro tanto che la tomaia era ritornata nerissima e lucidissima come uno specchio.Lo lasciai continuare ancora qualche secondo poi, con un leggero ma deciso calcetto, scostai la gamba accavallata riaccavallando subito l'altra e porgendogli la seconda Scarpa.Senza fiatare l'uomo, o per meglio dire lo schiavo, cominciò a leccare con ardore la seconda Calzatura.
Di nuovo ebbi la straordinaria emozione della dominazione tanto che, in preda a un piacere che non avevo mai provato, Mi permisi di lanciare un gemito di goduria profonda.
Anche la seconda Scarpa era stata ripulita a dovere ma Mi accorsi che mancava ancora qualcosa, una piccola ciliegina sulla torta, per essere soddisfatta di quel trattamento degradante.Sebbene infatti avessi goduto come non mai non ero ancora giunta a un climax orgasmico completo:dovevo avvilire ulteriormente il Mio schiavo ordinandogli di eseguire un'altra ignobile corvè.Ma cosa potevo inventarMi adesso?
-Hai fatto un ottimo lavoro.-dissi ammirando le Mie Scarpe perfettamente lucidate.-Adesso Mi ripulirai accuratamente anche le suole.Con la lingua.
Il solo pronunciare con arroganza sadica quella frase Mi fece godere di nuovo e immediatamente un secondo orgasmo lo ebbi vedendo lo schiavo iniziare a leccare con passione estrema la suola della Scarpa sollevata.
Malgrado le Scarpe fossero praticamente nuove la loro suola si era sporcata molto in fretta pur rimanendo indeformata tanto che notai la lingua dello schiavo annerirsi subitamente ed immaginai con piacevole disgusto con quale ributtante sapore in bocca doveva combattere il Mio servo.
Dopo qualche eccitantissimo minuto riaccavallai le gambe porgendo al Mio sottoposto la seconda suola da leccare.Passarono pochissimi brevi istanti dopo che lui ebbe iniziato a leccare che Io scivolai totalmente nell'orgasmo più sfrenato emettendo ancora un lungo sospiro di piacere.
Seppur completamente soddisfatta lasciai che lo schiavo portasse a termine l'ordine che gli avevo impartito.
Non avevo mai provato una sensazione di godimento così intensa e sconvolgente:
Mi accorsi che le mutandine erano completamente bagnate dagli umori secreti dalla Mia vagina dilatata dal piacere.
Per qualche minuto non pensai minimamente al Mio schiavo e, quando riuscii a ritornare in Me, lo vidi accovacciato a terra come un cane a fissare il pavimento.
Senza dire una parola Mi alzai ed uscii dallo studio.

Ritornai nello studio notarile solo due giorni dopo quell'episodio che aveva segnato, per Me in maniera più che positiva, la Mia vita.Quella faccenda aprì completamente un mondo, uno specchio, uno spiraglio sulla Mia personalità, non solo sessuale ma anche più generalmente psicologica, che aveva chiarito il Mio desiderio, forse sempre represso, forse sempre ignorato, di dominare e sottomettere un uomo.
Mi resi conto solo in quel momento di non aver mai goduto realmente durante un rapporto sessuale 'normale' con un uomo come avevo goduto durante quel rapporto psicologico e cerebrale, ma anche in un certo senso sessuale, 'perverso' ottenuto assoggettando uno schiavo ai Miei crudeli e sadici voleri.
Non Mi vergognavo affatto di quello che era accaduto, anzi, il desiderio di rifare, anche e soprattutto in maniera più perversa e violenta, quell'eccitantissima e divertentissima esperienza Mi allettava parecchio sbizzarrendo la Mia fantasia alla ricerca di nuove e sadiche umiliazioni da proporre al Mio schiavo.
Quando ritornai allo studio il notaio Mi accolse in un modo strano.
Appena Mi vide si alzò in piedi porgendomi la sua elegante poltrona in pelle nera, ma poi non si mise a fissare le Mie Scarpe come era solito fare ma cominciò a osservare con sguardo perso il pavimento davanti ai suoi piedi senza minimamente interessarsi alle Mie Calzature.
La cosa Mi sorprese parecchio:credevo che ormai, dopo l'episodio di due giorni prima, il nostro rapporto fosse a una svolta e invece…
-Che succede?-chiesi senza arroganza.
Lui rimase in silenzio.
Ero seduta sulla poltrona con le gambe accavallate, ma a lui sembravano non interessare le Mie Scarpe.Con un leggero movimento della gamba portante spinsi la poltrona munita di rotelle il più avanti possibile nella direzione dell'uomo che continuava imperterrito a guardare il pavimento.Mi misi in una posizione tale da mostrargli le Scarpe e lui, per cercare di sfuggirMi, tentò di indietreggiare non accorgendosi di essere a ridosso della scrivania e quindi impossibilitato a scappare. Pur di non guardarMi le Scarpe si coprì gli occhi con una mano ed iniziò a piagnucolare.
Non capii il suo comportamento e lo liberai dalla Mia oppressione rispostando la poltrona.
-Che succede?-ripetei questa volta con arroganza e decisione.
Lui continuò a piangere e a singhiozzare.
-Mi… mi dispiace.-riuscì a dire con pochissima voce.-Non avrei dovuto fare quello che ho fatto.Non avrei dovuto umiliarLa in quel modo.Mi dispiace.
UmiliarMi?Considerava l'averMi adorata come una Dea un'umiliazione?Non riuscivo a credere alle Mie orecchie.
-E'tutta colpa mia.-continuò singhiozzando sempre più forte.-Sono disponibile a pagare per i miei errori.
Non riuscivo a capire di cosa stesse parlando.Ero davvero stupita per quelle parole.
-Se vuole andarsene non La fermerò:ne ha tutte le ragioni.-proseguì con il suo sproloquio.-Sono disposto a darLe un'ottima buonuscita.
-Non capisco di cosa stai parlando.-intervenni per zittirlo.-Io non sono affatto dispiaciuta per quello che è successo tra noi due, anzi, sono disponibilissima a rifarlo tanto Mi ha divertito la cosa.
Lui Mi lanciò un'occhiata sfuggente ma profondissima.
-Lei non capisce.-disse.-Io sono un essere abietto, ignobile ed inutile, sono solo uno schiavo incapace di vivere senza che un'entità superiore mi comandi e mi governi come una bestia.Non credo di essere per Lei…
Io lo guardai con un sorriso che si allargava sempre più sul Mio viso stupendo.
-EccoMi.-dissi crudele ed arrogante.-Sono Io la tua unica e vera Dea Dominatrice.
Lui si inginocchiò a terra.
-Bravo, schiavo, adoraMi come merito!-gli ordinai.
Il neo-schiavo si avvicinò a Me ed iniziò immediatamente a baciarMi le Scarpe Divine con un fervore estatico.Lo osservai con un compiacimento crescente.
Improvvisamente lo scostai con un calcio.Avevo in mente una cosa.
-Spogliati.Voglio vederti nudo.-comandai con durezza.
Lui si immobilizzò a guardare il pavimento gelido.
-Muoviti, lurido schiavo!
Non si mosse.
-Vuoi farMi arrabbiare schiavo?
Lentamente si tolse la camicia ed i pantaloni, poi si sfilò la canottiera restando in mutande.
-Togliti anche quello straccio.E mettiti in piedi voglio vederti bene.
Imbarazzatissimo tentò di togliersi i boxer, ma si bloccò.
-Sto per perdere le staffe, schiavo.
Sebbene in preda a una fortissima vergogna lo schiavo si tolse le mutande rimanendo nudo come un verme.Sorrisi nel vedere il suo membro di proporzioni ridicole.
-Tutto qui?-chiesi divertita.Lui non osò rispondere.
-Rimettiti in ginocchio ed adoraMi, schiavo.-dissi benevola preparandoMi a godere di quella nuova umiliazione.
Lui posò le sue labbra sulle Mie Scarpe e partì con la lode della Mia potenza.
Ebbi un nuovo fortissimo orgasmo ma già da quel momento capii che non Mi era più sufficiente quell'atto di estrema degradazione per provare piacere:dovevo infliggere allo schiavo qualche gustoso supplizio.
Lo lasciai terminare poi tornai a casa a preparare il Mio sadico gioco.

Il giorno successivo entrai nello studio notarile con un atteggiamento arrogante e deciso, come se quell'ufficio Mi appartenesse.Tra le Mie esili e rosse labbra tenevo una sigaretta accesa sebbene su ogni parete dello studio ci fossero cartelli indicanti 'NO SMOKING' e il notaio, ovvero il Mio schiavo, soffrisse di una forma di asma particolarmente forte e allergica al fumo del tabacco.
Entrai direttamente nell'ufficio principale dove trovai lui, il Mio schiavo, nell'atto di redigere alcuni documenti.Non appena si accorse della Mia presenza si alzò in piedi, si spogliò completamente e Mi raggiunse inchinandosi doverosamente dinnanzi alla poltrona di pelle nera su cui Mi ero accomodata ed iniziò a baciare le Scarpe Divine.
Da parte Mia non gli avevo dato nessun comando e provai un inebriante piacere nel vederlo eseguire automaticamente quell'umiliante rituale davanti a Me:lo stavo educando molto bene.
Mentre lui Mi adorava compostamente inginocchiato a terra Io tolsi dalla Mia valigetta rivestita in pelle nera un oggetto, per Me nuovo, che avevo acquistato solo il giorno prima in un negozio specializzato.
Lo schiavo Mi sentì trafficare con qualcosa sopra di lui e, per un brevissimo istante, si fermò per osservare quello che stavo facendo.Dopo averMi spiato riprese ad adorarMi le Scarpe soffocando un gemito d'orrore.Aveva visto quello strano oggetto che tenevo fra le mani ammirandolo come un gioiello:una frusta da toro formata da striscie di cuoio intrecciate in un unico cordone.
-Adesso basta, schiavo.-gli ordinai con voce arrogante e annoiata.
Lui indietreggiò di qualche centimentro.
Mi alzai in piedi impugnando la Mia frusta come un trofeo di cui andare fieri.
Cominciai a girare per il locale ticchettando con i Miei altissimi tacchi a spillo mentre il Mio schiavo rimaneva immobile al centro della stanza inginocchiato e con il capo chino a fissare il pavimento in marmo gelido.
Gli girai intorno lentamente per un paio di volte, poi, all'improvviso, feci schioccare in aria la frusta che produsse un sibilo sinistro e particolarmente forte.Notai lo schiavo sussultare dalla paura e, sadicamente, sorrisi di piacere.
Ripresi a passeggiare tranquillamente per l'ufficio continuando a tenere la frusta.
Di nuovo, all'improvviso, la feci schioccare divertendoMi a vedere il Mio servo saltare come una molla al solo rumore.Quel giochetto che metteva a dura prova i suoi nervi Mi piaceva.
Ritornai a girare intorno allo schiavo inginocchiato nudo a terra.La sua pelle si era rivestita di una patina di sudore freddo e le sue estremità tremavano leggermente: la cosa Mi diede una certa soddisfazione perché capivo che lo stavo dominando e lui non aveva il coraggio di ribellarsi.
Una terza schioccata partì dalla Mia frusta ma, questa volta, subito dopo quel colpo a vuoto ne lanciai immediatamente un altro che andò a colpire le natiche indifese dello schiavo.La sua reazione fu per Me particolarmente divertente:alla prima schioccata a vuoto, infatti, lui inarcò leggermente la schiena e, mentre tornava in posizione completamente accovacciata, quando meno se lo aspettava, fu colpito da una staffilata sui glutei che lo fece sussultare dall'estremo dolore e che gli generò un gemito di sofferenza che non riuscì a controllare.
Emisi una risatina sadica e crudele mentre lui ansimava per il male subito.Mi avvicinai e guardai il segno lasciato dalla frusta:ebbi quasi un'orgasmo nel notare il solco rosso-brunastro perfettamente dritto e lungo sui glutei bianchi del Mio schiavo.
Mi rialzai dopo qualche minuto di estasiata contemplazione del Mio capolavoro che, però, ritenni ovviamente incompiuto.
Tornai a camminare attorno al Mio schiavo inerme e fu un piacere notare il suo corpo tremare d'orrore al Mio cospetto.
Si udì un nuovo sibilo e una nuova staffilata si stampò sui glutei dello schiavo.
Questa volta avevo cercato di impartire maggior forza alla frusta ed infatti il risultato fu decisamente migliore:un secondo solco esattamente parallello sopra il precedente grondava sangue rosso vivo che colava sulle natiche scivolando poi sul marmo verdognolo del pavimento imbrattandolo con un contrasto di colori suggestivo e, per Me, eccitantissimo.
Il Mio servo aveva risposto alla frustata con un urlo disumano che era rimbombato in tutto l'ufficio.
-Stai in silenzio.-dissi perfida e crudele.
Ripresi a camminare intorno a quell'inutile verme che tremava accovacciato incapace di ribellarsi alla Mia potenza.Anche quella Mia superiorità nei suoi confronti Mi faceva impazzire dal piacere.
I Miei passi risuonavano lenti ma ritmati nell'ufficio.Di sottofondo si udivano solo i mugugni dello schiavo sofferente.
Mentre camminavo ancora iniziai a colpire le natiche del Mio schiavo con estrema e sadica violenza non una ma più volte, come in preda a un raptus crudele.
Continuando a saltellare ora a destra ora a sinistra delle sue natiche colpii lo schiavo con decine e decine di tremende staffilate senza curarMi minimamente delle sue ripetute e strazianti grida di dolore.Quando, finalmente esausta, smisi di colpirlo Mi sedetti sulla poltrona in pelle nera accavallando le gambe senza controllare il risultato di quel mostruoso trattamento.
Presa dalla stanchezza Mi concesi una sigaretta e, proprio mentre la stavo assaporando, guardai il Mio schiavo.La sua posizione non era più compostamente inginocchiata ed accovacciata a terra ma, piuttosto, era semisdraiato con le gambe una dritta e una piegata e le braccia ripiegate sotto il busto.Respirava con un sinistro rumore gutturale agitandosi e tremando come una foglia.
Guardai i suoi glutei e poco ci mancò che svenissi dal'estremo, straordinario, sadico orgasmo che provai:le natiche del Mio schiavo erano ridotte in una poltiglia rossastra, sanguinolenta in cui a fatica si riusciva a distinguere le innumerevoli profonde ferite provocate dalle frustate che avevano straziato le sue carni.
-Striscia fino ai Divini Piedi della tua Dea, schiavo.-ordinai con la voce perfida di chi non ha ancora raggiunto completamente il Suo scopo.
Incredibilmente lo schiavo rispose al Mio comando cercando di girarsi per raggiungere le Mie Scarpe Divine in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo.
Non ero ancora riuscita a stremarlo completamente dunque.
Era ancora in grado di muoversi, sebbene con estremo dolore.
La cosa non Mi fece affatto piacere:volevo distruggere quell'inutile escremento e renderlo immobile almeno fino alla successiva seduta di supplizio.Non so quale crudele demone fosse entrato nella Mia Mente ma, in quel momento, il Mio unico pensiero era quello di distruggere il Mio schiavo in modo tale che non potesse più rispondere a nessuno stimolo.
Mi alzai in piedi osservando il Mio servo che si era quasi completamente girato benchè fosse in preda a fortissimi spasmi nervosi.Con un paio di passi raggiunsi il suo spregevole viso e gli posizionai le Mie Scarpe Divine proprio dinnanzi agli occhi.
Lui cercò con un incredibile sforzo di alzare la testa del tanto che bastava per posare le labbra sulle Mie Calzature.
-Ma come:sei ancora vivo?-chiesi crudele.
Lui continuò nell'estremo sforzo di adorarMi e lo faceva con una tale volontà che per un brevissimo istante pensai di graziarlo lasciandogli l'onore, per lui immenso, di adorarMi per poi lasciarlo andare.Ma Io non ero ancora arrivata all'estremo orgasmo sadico.
Senza curarMi di lui e dei suoi sforzi sovraumani posai una delle Mie Scarpe Divine in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo sulla sua testa e, dopo un'esitazione istantanea, salii con tutto il Mio peso sul suo capo opprimendolo decisamente con il tacco a spillo.
Lui rispose all'estrema condanna con un gemito angosciante e catarrale.
Io avvitavo con estrema crudeltà il Mio tacco altissimo a spillo sul suo cranio.
Vidi la sua schiena biancastra e liscia come un terreno incolto e decisi di passeggiare su quel piccolo ma morbido prato:misi una Scarpa Divina sulla sua schiena e vi salii senza la minima pietà calpestando le sue costole.
La prima reazione dello schiavo fu un tossicchiare violento ma trattenuto, poi iniziò a respirare con molta fatica.Non me ne curai affatto e restai in piedi sopra di lui.
Mi accorsi di essere sostenuta solo dalle suole delle Mie Scarpe Divine e quindi decisi di utilizzare con forza i loro affilati tacchi a spillo.Con decisione affondai gli stiletti nella carne del Mio schiavo e ottenni i suoi forti sussulti che quasi Mi fecero cadere.Puntai con maggiore forza i tacchi altissimi a spillo e, con piacere, vidi alcune gocce di sangue fuoriscire dalla pelle dello schiavo sotto i Miei tacchi.
Con ancora più crudele decisione iniziai a saltellare sulla schiena del servo senza avere pietà dei suoi continui lamenti.Continuai per qualche minuto come se Mi trovassi su un tappeto elastico poi Mi accorsi che lui non rispondeva più alle Mie sadiche stimolazioni.Scesi dal suo corpo martoriato osservando gli innumerevoli marchi lasciati dai Miei tacchi a spillo:quasi tutti sanguinavano dando l'impressione, assieme ai glutei massacrati, di avere davanti un grandissimo hamburger crudo.
Gli posai una Scarpa Divina sul capo cercando di farlo girare con il tacco a spillo cosa che riuscii a fare dopo aver graffiato per bene il suo viso:era immobile e senza sensi.
Ero riuscita a distruggerlo!
La cosa Mi eccitò in maniera mostruosa e, per rendere a pieno la Mia superiorità, gli misi una Scarpa Divina sulle scapole mentre feci scivolare l'altra fino a raggiungere le sue labbra pallide e ferme in modo che potesse baciare le Mie Scarpe anche nell'oblio.
Per la prima volta provai un orgasmo vero, senza compromessi.
La voglia di rifare quell'estrema esperienza Mi salì in testa come un'ossessione folle.
Quella, chiaramente, sarebbe stata solo la prima di tante altre volte.

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Racconto FemDom/005

IL LUCIDATORE DI SCARPE

La luce del giorno cominciava via via a rischiarare il cielo che, in quella gelida giornata di fine dicembre, era plumbeo come la canna di un fucile.
Avevo cominciato di buon'ora il mio lavoro approfittando del fatto che le aule dell'istituto scolastico privato erano vuote a causa delle vacanze natalizie.
Ero il proprietario, e l'unico dipendente, di un impresa di pulizia e in quella settimana dovevo lucidare, a mano, i pavimenti dei locali della scuola.
Era il secondo giorno di lavoro e stavo per terminare di stendere, inginocchiato a terra come uno schiavo, il prodotto cerante che successivamente avrei dovuto ripulire.
Improvvisamente sentii dei passi rapidi ma cadenzati e, prima che potessi rendermene conto, mi trovai di fronte Miss Denker, la segretaria.Io e Lei eravamo soli nell'edificio.
La Donna mi osservava con un sorriso enigmatico misto fra il cinico e il divertito mentre io rimanevo immobile in ginocchio.
I capelli castano-rossicci di Miss Denker incorniciavano il Suo bel viso roseo su cui spiccavano i grandi occhi neri e le labbra rosse e ricadevano sulle Sue spalle coperte dalla giacca marrone del tailleur da cui usciva una immacolata camicetta bianca senza bottoni stretta al punto da mettere in evidenza lo sporgere del seno, mentre una minigonna dello stesso colore della giacca lasciava scoperte due lunghe ed affusolate gambe fasciate da calze nere velate e terminanti in un paio di Scarpe in pelle marrone con tacco alto, ma non altissimo, a spillo.
Il masofeticismo che da sempre aveva caratterizzato le mie fantasie sessuali mi costrinse a fissare quelle Scarpe Divine con desiderio.
-Buongiorno, Norman.-disse Miss Denker, poi, prima che io potessi fermarLa, si diresse verso una delle finestre dell'aula.
Guardò fuori quindi ritornò verso di me.
Lanciai nuovamente un'occhiata alle Sue Scarpe:camminando sul pavimento imbrattato dalla cera si erano sporcate di schiuma bianca.
-Oh, Cristo!-bestemmiò Lei guardandosi le Divine Calzature.
Prese da una tasca un fazzoletto e, piegando una gamba, fece l'atto di avvicinarlo alle Scarpe per pulirLe.
-No, aspetti!-la bloccai.Lei mi guardò stizzita-Così finirebbe per spandere la cera:bisogna aspettare che asciughi poi pulirla con un panno adatto.-feci una pausa con un certo imbarazzo.-Ho io quello che serve per pulirLe.Se aspetta in segreteria gliele pulirò io appena avrò finito qui.-balbettai.
Lei mi guardò per un attimo seria, poi si sciolse in un sorriso divertito.
-Ti aspetto, allora.
Con un groppo in gola terminai di lucidare il pavimento.

Quando entrai nella segreteria notai che il cancelletto metallico di ingresso alla scuola era chiuso mentre generalmente doveva essere aperto.Non ci badai e, con un certo timore entrai nell'ufficio di Miss Denker impugnando un panno di cotone trattato.
Miss Denker era seduta alla Sua scrivania fumando una sigaretta.
Lanciai un'occhiata sotto il piano della scrivania:le lunghe gambe di Miss Denker erano accavallate e questo permetteva alla minigonna di ritirarsi fino a lasciare quasi scoperto il bordo della calza.La cera sulle Scarpe Divine era seccata e si poteva quindi togliere.
-Ti aspettavo, Norman.-mi disse.-Credo che sia meglio che Io non Mi tolga le Scarpe, vero?
La guardai stupito:voleva che io gli lucidassi le Scarpe senza togliersele?Non ci credevo:avrei coronato il mio sogno!
-Sì…, forse… è meglio…-balbettai.
Mi chinai a terra e mi avvicinai alle gambe della mia Dea.
Guardai le Scarpe Divine con desiderio poi, approfittando del fatto che Miss Denker non potesse vedermi a causa del piano della scrivania, fissai per un attimo estasiato le Sue splendide gambe.
La Scarpa Divina che restava sospesa a causa dell'accavallamento delle gambe dondolò per un istante e questo mi fece riprendere dal mio torpore estatico.
Posi una mano sotto il tacco a spillo di quella Scarpa tenendoLa come un feticcio quindi cominciai a lucidare via la cera.
Iniziai con il pulire la punta, poi passai ai lati quindi lucidai lo sperone:il tutto evitando accuratamente di toccare il piede della mia Dea come se per me fosse un onore troppo grande venire a contatto con Essa.
Ripetei il trattamento per tre volte sebbene già dalla prima lucidatura il risultato fu ottimo.
Terminata la pulizia rimasi per qualche secondo assorto ad osservare la Scarpa Divina e il busto di Miss Denker seminascosto dalla scrivania.
Desideravo soddisfare ulteriormente il mio masofeticismo leccando con la lingua la Scarpa Divina.Miss Denker non poteva vedermi e io, travolto dalla passione, iniziai la suprema adorazione della mia Dea.
Utilizzando solo la punta della lingua cominciai a leccare la tomaia e non smisi fino a che non ebbi leccato per tre volte tutta la parte superiore della Scarpa Divina, tacco a spillo compreso.
Tolsi la mano da sotto il tacco a spillo e, proprio mentre stavo per chiedere alla mia Dea di porgermi la seconda Scarpa, Lei senza dire una parola alzò la punta della Scarpa che avevo appena lucidato abbassandone il tacco a spillo ponendomi di fronte alla suola ruvida e sporca di Essa.
Fissai la suola con stupore.La mia Dea mi stava chiedendo, inconsciamente, di leccargli anche la suola?Non ci pensai due volte:presi il tacco a spillo in una mano permettendo alla Dea una posa meno scomoda, quindi cominciai a leccare con la lingua la suola graffiata e sudicia per l'uso insistendo particolarmente sulla parte più usurata e sporca e sul tacco a spillo.
Terminata quell'umiliante e degradante operazione la bocca si era riempita di un sapore orribile.
-Hai finito, Norman?-chiese Miss Denker mentre io facevo una pausa per deglutire il sapore ributtante.
-Sì,-dissi con un filo di voce.-mi può porgere la seconda Scarpa, per favore?
Miss Denker sciolse le gambe accavallate, rimase qualche istante seduta normalmente sulla poltroncina poi riaccavallò le gambe porgendomi la seconda Scarpa Divina.
Durante la pausa tra un accavallamento e l'altro delle lunghe e splendide gambe riuscii a sbirciare sotto la minigonna intravedendo le mutandine di pizzo nero che Miss Denker indossava.
Ripresi in mano il panno e cominciai a lucidare la Scarpa Divina.Come per la precedente la lucidai per tre volte e, come per la precedente, la sottoposi a un trattamento speciale con la lingua.
Al termine della lucidatura con la lingua Miss Denker mi offrì nuovamente la suola ed io, lanciando un'occhiata al Suo busto seminascosto mi chiesi se tale trattamento extra fosse previsto da Lei.
No, era impossibile:Miss Denker non poteva vedere quello che stavo facendo.
Finita l'avvilente operazione comunicai a Miss Denker che avevo terminato e deglutendo amaro mi girai per uscire da sotto la scrivania.Mentre mi rimettevo in piedi notai proprio dinnanzi alla scrivania un grande specchio che arrivava fino a terra attaccato alla parete.
Per un istante ebbi timore che Miss Denker mi avesse visto attraverso lo specchio ma fu solo una paura passeggera.
-Un risultato davvero eccezionale, Norman.-disse Miss Denker guardandosi le Scarpe talmente lucide da sembrare nuove.-Sei stato bravissimo.
Appena uscii dall'ufficio andai a sciacquarmi la bocca.

Il giorno seguente, di buon'ora, ero già all'opera per la lucidatura dei pavimenti della scuola.
Mi erano state consegnate le chiavi del portone di ingresso e del cancello automatico così potevo entrare a qualsiasi orario.Quindi alle 6,30 del mattino ero già pronto per stendere la cera dopo averla preparata miscelandola all'acqua e a un diluente specifico.
La noiosa, ma faticosa, operazione di stesura della cera e la successiva sua lucidatura mi permettevano di avere la mente sgombra da pensieri relativi al lavoro e iniziai a riflettere a quello che era successo il giorno prima nell'ufficio di Miss Denker.
Sebbene l'aver lucidato e leccato umilmente le Scarpe Divine della mia Dea mi avessero riempito di gioia e soddisfazione appagando il mio istinto masofeticista il terrore di essere stato visto attraverso lo specchio mi tormentava in quel momento più che subito dopo averlo notato.
Rimuginai quei fastidiosi pensieri per qualche tempo mentre stendevo la cera sul freddo pavimento in marmo:la mia preoccupazione non era tanto quella di essere umiliato da Miss Denker, anzi, avrei voluto trovarmi sempre ai Suoi piedi per adorarLa, ma piuttosto quella di venir messo alla berlina di fronte al preside, agli insegnanti, addirittura agli allievi della scuola.
Improvvisamente sentii il ticchettio di passi ritmati e decisi.Guardai l'orologio:erano le 8,30.Doveva essere arrivata Miss Denker, la mia Dea Dominatrice.
Attesi qualche minuto senza muovermi cercando di percepire il minimo rumore.Ma l'unico rumore che sentii fu quello del silenzio.
Ripresi il mio lavoro e terminai di stendere la cera.
Prima di cominciare la lucidatura del marmo venni combattuto dall'idea di scendere nell'ufficio per incontrare la mia Dea, ma, non ne ebbi il coraggio.
Continuai quindi il mio lavoro e finii in fretta di lucidare il pavimento dell'aula.
Mentre stavo per risciacquare e pulire i secchi e i panni che ero solito usare durante il lavoro, ad un tratto udii un sibilo preannuncio di un messaggio diramato attraverso gli altoparlanti dell'istituto.Sussultai come se mi avessero punto sul vivo e rimasi in attesa del messaggio che, chiaramente, era rivolto a me essendo l'unico, a parte la mia Dea, nell'istituto.
-Terminato il tuo lavoro puoi scendere in segreteria, ti dovrei parlare.Grazie.
La voce fredda e cinica di Miss Denker risuonò nelle aule deserte come nella mia mente angosciata:cosa voleva da me?
Sistemai i miei attrezzi da lavoro con esasperata lentezza cercando di allungare il tempo che mi separava dall'incontro con la mia Dea Dominatrice.
Scesi le scale e percorsi il corridoio che conduceva agli uffici con il passo lento e indeciso di un condannato a morte.Sostai un istante nell'atrio dove notai che il cancelletto di ingresso era nuovamente chiuso.Osservai la porta chiusa dell'ufficio con preoccupazione e timore e allungai la mano verso la maniglia, ma la ritrassi subito in preda al terrore.Inspirai profondamente e, di getto, aprii la porta entrando nella stanza.
Notai Miss Denker seduta sulla Sua poltrona:non aveva le gambe infilate sotto la scrivania ma le teneva dietro la cassettiera e questo mi impediva di vederle.
Mi avvicinai alla scrivania tenendo lo sguardo basso quasi come se mi aspettassi da Lei una punizione o un castigo.
La mia Dea mi sorrise piegando le rosse labbra in un ghigno divertito.
-Ciao, Norman.-disse calmissima, mentre io stavo per scoppiare.
Alzai lo sguardo per vederLa:indossava un tailleur composto da una giacca nera, una camicetta bianca senza bottoni, una minigonna nera molto corta che lasciava scoperte le gambe fasciate da calze nere velate trattenute da reggicalze nero e, per quello che potevo notare dalla mia posizione, nient'altro.
-Sono rimasta molto soddisfatta del tuo lavoro di ieri.-disse gelida.-Devo dire che sei stato veramente perfetto.
Deglutii fortemente poi sibilai con voce roca bassissima:-Grazie.
Lei sorrise forse notandomi in una condizione di debolezza psicologica molto marcata.
-Ho deciso quindi di ricorrere ancora ai tuoi servigi, se tu sei d'accordo, ovviamente.
Non risposi.
-Sai ho un buon numero di Scarpe che avrebbero bisogno di un trattamento speciale, come quello che sai fare tu.
Non capivo se mi stava umiliando oppure stava prendendomi in giro.Non fiatai.
-Nella mia Villa ho un piccolo locale dedicato solo ed esclusivamente alle Scarpe:amo moltissimo le Mie Calzature e voglio conservarLe il meglio possibile.
Ero madido di sudore, tremavo di fronte a Lei.
-Sai, Norman, possiedo circa cinquanta paia di Scarpe;solo del modello che tu ieri hai lucidato così ottimamente ne ho cinque paia identiche.Poi ho Scarpe in vernice, in pelle che uso per il mio lavoro, Stivaloni cosciali per cavalcare…
Ero in preda a spasmi tremendi, non riuscivo a controllarmi.La mia Dea, invece, non cedeva di un millimetro a vedermi in quello stato pietoso.
-Vorresti lavorare per me come umilissimo lucidatore di Scarpe, Norman?-disse infine.
Mi inginocchiai a terra con remissione.-Sì, mia Unica Dea, lo voglio!
-Vieni qui, dietro la scrivania.-mi ordinò freddissima.
Eseguii l'ordine strisciando sulla moquette.
La mia Dea Dominatrice sedeva imperiosamente con le gambe accavallate sulla poltrona, io mi posizionai ai Suoi piedi come uno schiavo.Di fronte a me avevo le Sue Scarpe Divine in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo.Erano lucidissime:mi ci potevo specchiare dentro.
-Benissimo, schiavo.Comincia a lucidarmi le Scarpe.
Immediatamente presi un panno di cotone trattato che avevo in tasca e feci per passarlo sulla Scarpa Divina, ma la mia Dea con un calcio secco mi colpì la mano facendo volare il panno lontano.
-Ho detto che per le Mie Scarpe Divine ho bisogno di un trattamento speciale, schiavo!-gridò con rabbia.
Io guardai le Scarpe Divine lucidissime.
-Usa la tua lurida lingua, schiavo.-mi ordinò.
Iniziai a leccare una Scarpa Divina.Lei si accese una sigaretta.
-Cerca di fare un ottimo lavoro, schiavo.E stai tranquillo che non tutte le Mie Calzature sono così pulite.-fece una pausa ridacchiando sadicamente.-Dovresti vedere i Miei Stivaloni Divini dopo una cavalcata nel parco della mia Villa e una passeggiata nelle Mie stalle!-rise di nuovo crudelmente.
Con la lingua gli lucidai la punta della Scarpa Divina in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo.Mentre stavo ultimando la pulizia di quella parte della tomaia la mia Dea Dominatrice avvicinò la mano che impugnava la sigaretta e, con estrema precisione e gelida calma, depositò la cenere sulla punta della Scarpa Divina.
-Pulisci, schiavo bastardo!-imprecò rabbiosa.
La guardai negli occhi per un istante:non scherzava affatto.Eseguii l'ordine seppur con orrore.
Finii di lucidare la prima Scarpa Divina leccando con attenzione la suola ruvida e sporca.
Prima di porgermi la seconda Scarpa Divina la mia Dea mi disse:
-Appoggia la mano destra per terra, schiavo, con il palmo verso l'alto!
Eseguii l'ordine anche se non capivo cosa volesse farmi.
La mia Dea Dominatrice posò il mozzicone di sigaretta acceso sopra il palmo aperto della mia mano e, prima che io potessi gettarlo via, mi posò sopra la Scarpa Divina che dovevo lucidare facendo bene attenzione a spegnere 'gradatamente' il mozzicone sulla mia pelle in modo che mi facesse più male ed affondando con decisione il tacco altissimo a spillo nel palmo indifeso della mia mano.
Gridai con forza per il dolore, e per tutta risposta mi venne scagliato sulla schiena un frustino da fantino che mi fece sussultare ulteriormente.
-Stai zitto schiavo ed esegui gli ordini!
Iniziai a leccare la Scarpa Divina che mi opprimeva dolorosamente la mano e fui costretto a lucidare per sette volte la tomaia in quanto la mia Dea Dominatrice non era mai soddisfatta del mio lavoro di schiavo.
Quando mi venne tolta la Scarpa Divina dalla mano provvidi a leccare anche la suola, quindi, stremato, venni liberato da quell'umiliante lavoro.
-Domani mattina ti voglio alla mia Villa, schiavo.-mi disse prima di congedarmi la mia Dea.-Così ti informerò sui tuoi compiti e le tue commissioni.
Quando Lei uscì dall'ufficio rimasi solo per qualche minuto sdraiato a terra come un cane rognoso, ansimando e combattendo con i conati di vomito che il sapore ributtante che avevo in bocca mi provocava.
La mia Dea Dominatrice aveva trovato il Suo personale umilissimo e devotissimo schiavo lucidatore di Scarpe Divine ed io avevo trovato una delle porte dell'Inferno.

giovedì 28 maggio 2009

Dea Monica e slave22575







Eccomi tornato con una piccola sorpresa.






In un vecchio CD-Rom ho recuperato alcune foto dei tempi in cui ero l'umilissimo schiavo personale di mia cugina Monica (o, come Lei preferiva farsi chiamare da me, la "mia unica Dea").



Dea Monica è stata la prima a farmi scoprire le gioie (e soprattutto le sofferenze...) della Dominazione Femminile e, grazie a Lei, ho scoperto la mia natura di sottomesso.






All'inizio il nostro rapporto era molto soft, in quanto a Lei piaceva solo umiliarmi obbligandomi a baciare le Sue Scarpe Divine per adorarLa.Nel giro di poche settimane, però, ho scoperto il lato sadico, cattivo ed estremamente crudele del Suo carattere.






La mia unica Dea non amava solo degradarmi facendosi venerare per delle ore inginocchiato ai Suoi Piedi, Le piaceva moltissimo punirmi per ogni mia più piccola mancanza e si divertiva a torturarmi con sempre nuovi sadici giochetti.






I supplizi a base di calpestamento con tacchi a spillo, frustate, mollette dentate, cera colata e ogni altra orribile tortura Lei inventasse per me divennero quasi quotidiani.






Nella prima immagine si vedono i Suoi strumenti di tortura preferiti (le Sue fruste, soprattutto il terribile staffile...) e le Sue Divine Scarpe in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo a cui teneva moltissimo e che io dovevo baciare per adorarLa.



Questi Divini oggetti dovevano stare SEMPRE a Sua disposizione nella camera del mio appartamento (di cui Lei aveva una chiave personale...) in maniera che, ogni qualvolta lo desiderasse, potesse utilizzarli a esclusivo Suo piacimento.






Nelle altre due immagini si possono notare i devastanti effetti del Suo staffile sulla mia schiena indifesa.



Quel giorno, rientrando nel mio appartamento, non avevo notato la Sua presenza e non mi ero immediatamente inginocchiato per adorarLa.La cosa aveva scatenato il Suo estremo sadismo e la punizione per quell'affronto erano state 50 violentissime frustate a cui aveva fatto seguito una lunghissima ed estenuante sessione di adorazione delle Sue Calzature Divine.

venerdì 6 febbraio 2009

Racconto FemDom/004-Immagine


Racconto FemDom/004

VANESSA

Avevo sempre amato comandare:fin dai tempi remoti della scuola mi ero sempre distinto dagli altri compagni per il mio carattere risoluto, ambizioso ed autoritario.
Da adulto, divenuto proprietario ed unico manager di una grande azienda del settore informatico, non avevo perso la voglia di dominare, seppur solo nell'ambito professionale e sociale, ogni mio collaboratore.
Vanessa, ad esempio, era la mia segretaria personale da circa un anno.Era una ragazza di circa venticinque anni, alta, snella, bionda e ben carrozzata.
L'avevo scelta soprattutto per la Sua straordinaria bellezza, ma anche per la Sua eccezionale capacità di risolvere brillantemente ogni problema burocratico e legale.
Appena assunta Le avevo imposto di indossare SEMPRE sul lavoro minigonne vertiginose e Scarpe coi tacchi a spillo.
Non era solo piacere personale, ma il fatto di vedersi davanti un paio di splendide lunghe gambe affusolate fasciate da velate calze nere ben disponeva ogni cliente a parlare d'affari.
Vanessa, dal canto Suo non appariva affatto contrariata, anzi, forse con l'intenzione di sedurmi non perdeva occasione di mostrare le Sue grazie con tiratissimi accavallamenti di gambe e spettacolari inchini del busto in avanti.
Tutto quel gioco mi piaceva, sebbene con freddezza non lo facessi notare.
Un giorno chiesi a Vanessa di procurarsi, tramite l'archivista, un vecchio fascicolo di pratiche da cui dovevo prelevare alcuni dati.
In pochissimo tempo l'archivista, anche per non incorrere in un mio rimprovero, mi portò il fascicolo richiesto.
Chiamai Vanessa e Le chiesi di prepararsi a segnare alcuni appunti.
Efficientissima come al solito la Donna prese un block-notes e una penna e si sedette accanto alla mia scrivania in modo tale che io potessi, solo alzando lo sguardo, vedere le Sue cosce perfette inguainate in calze nere.
-E'pronta, Vanessa?-chiesi inforcando gli occhiali.
-Sì, dottore.-rispose con la Sua voce calda e sensuale.
Mi apprestai quindi a togliere il raccoglitore dalla custodia.
Appena lo ebbi aperto vidi una cosa nera grande quanto un grosso acino d'uva scivolare sul piano della mia scrivania.
Istintivamente mi allontanai dal tavolo facendo cadere la sedia su cui ero seduto.
Con terrore guardai il piano di lavoro:un grosso scarafaggio camminava nella mia direzione agitando le antenne.
Improvvisamente mi tornò alla memoria un episodio terribile della mia infanzia:quando avevo cinque anni mentre giocavo sopra un vecchio tronco d'albero abbattuto venni assalito da uno stormo di orribili scarafaggi che mi si infilarono sotto i vestiti mentre io venivo scosso da convulsioni causate dalla paura tremenda.
La stessa medesima situazione si ripeteva ogni volta che vedevo un insetto o un rettile tanto che mi rifiutavo di entrare in locali o addirittura in case in cui avevo visto uno scarafaggio, un grosso ragno, una lucertola.
Credevo che questa mia fobia potesse passare con gli anni ma, invece, rimase latente fino all'età adulta.
Acciecato dalla paura indietreggiai fino al muro dietro alla mia scrivania e, pallido e tremante, guardavo ossessionatamente l'insetto avvicinarsi.In preda a un orrore indescrivibile mi gettai in un angolo del locale e mi ranicchiai a terra, sudato ed in balia di fortissimi spasmi nervosi.
Lo scarafaggio intanto era caduto sul pavimento in marmo e, quasi volesse portare a termine il suo assalto, continuò inesorabile la sua marcia verso di me.
-Aiuto... aiuto... vi prego...-dicevo con un filo di voce:non avevo la forza di gridare.
Il mostro era ormai vicinissimo a me tanto che, per una frazione di secondo, pensai di morire.
Ad un tratto vidi, nella nebbia, un ombra scura e lunga posarsi sulla bestia e, con fatica cercai di mettere a fuoco l'immagine.
Una Scarpa femminile in vernice nera col tacco altissimo a spillo aveva bloccato, senza però ucciderlo, lo scarafaggio le cui zampe si muovevano frenetiche tra il pavimento e la suola.
-Uccidetelo... vi prego... uccidetelo... abbiate pietà...-sibilai.
La Scarpa esitò per un attimo e mi parve quasi sul punto di liberare il mostro, poi, però, con un movimento lento ma deciso schiacciò lo scarafaggio.
Respirai a bocca completamente aperta e, con il viso madido di sudore freddo, guardai di nuovo la Scarpa.
Non si era minimamente mossa e il corpo viscido e spappolato dello scarafaggio era ormai inerte ed inoffensivo per me.
Lentamente alzai gli occhi seguendo la lunghissima e bellissima gamba femminile che calzava la Scarpa di vernice nera col tacco altissimo a spillo.
Vanessa si ergeva altera, fredda e tranquilla dinnanzi a me sfoggiando un sorriso strano ed inquietante.
Il vederLa dal basso amplificava la bellezza e la perfezione del Suo corpo giunonico ed io apparivo come un inutile oggetto ai Suoi Piedi.
-Tutto bene, dottore?-mi chiese calma.
Non risposi:stavo guardando fisso la Scarpa che aveva ucciso lo scarafaggio.
Mai e poi mai avrei pensato una cosa del genere, ma in quel momento avrei voluto chinarmi a baciare ed adorare le Scarpe della mia Eroina.
Vanessa, per contro, non si era mossa e mi sembrò quasi che aspettasse che io facessi quell'atto di estrema sottomissione a Lei.
Non osavo guardarLa in viso.Non tanto per la vergogna quanto perchè, per la prima volta nella mia vita, mi sentivo sottomesso a qualcuno.
Mi mossi lentamente, seppur comvinto di quello che stavo per fare, e mi chinai sopra la Scarpa che ancora opprimeva la carcassa spappolata dello scarafaggio.
Senza dire una parola iniziai a baciare la punta della Scarpa della mia Signora e continuai fino a che non ebbi adorato e baciato tutta la tomaia e il lungo tacco a spillo.
La mia Dea rimase immobile ed in silenzio, ma, dai gemiti che emetteva capivo che stava godendo di quella situazione di superiorità.
Senza fiatare passai alla seconda Scarpa che baciai ed adorai con estrema remissività.
Appena ebbi terminato quell'operazione altamente degradante nei miei confronti mi inginocchiai davanti alla mia Padrona a capo chino attendendo come un cane degli ordini.
La mia Dea sollevò la Scarpa che schiacciava lo scarafaggio.Il corpo spappolato dell'insetto apparve orribile e ributtante con tutti i suoi umori che avevano sporcato il pavimento e la suola della Scarpa
della mia Regina.
-Puliscimi la suola.-ordinò la mia Dea.-Con la lingua.-disse le ultime parole con arroganza.
Mi mise la Scarpa sollevata davanti al viso ed io guardai la suola sporca con riluttanza.
-Muoviti, schiavo.-disse gelida.
Incredibilmente feci quello che mi chiedeva e leccai accuratamente la suola viscida.
La bocca mi si riempì di un disgustoso sapore amarognolo ma mi guardai bene dal vomitare.
La mia Dea Padrona posò di nuovo la Scarpa pulita sul pavimento.
Sebbene non osassi guardarLe il viso sapevo che stava ridendo di me.
-Mangialo.-ordinò indicando con la punta della Scarpa destra lo scarafaggio schiacciato.
Non mi mossi:quello che mi chiedeva di fare era troppo ributtante.
-Ti ho ordinato di mangiarlo, schiavo.-disse indispettita ed altera.
Non aveva nessuna pietà:ero diventato solo un oggetto di divertimento per Lei, e, io, non possedevo nè il coraggio nè la forza per contraddirLa.
La mia esitazione La innervosì a tal punto che, con un calcio, affondò un tacco a spillo nella mia spalla sinistra.
Il dolore lancinante venne accompagnato da uno stillicidio di sangue che sporcò il tappeto su cui poggiava la mia scrivania.
-So essere molto cattiva quando mi arrabbio, schiavo,-spiegò calma e spietata.-e tu non mi hai mai vista veramente arrabbiata.-aggiunse minacciosa.
Mi ritrovai davanti a quella molliccia poltiglia scura.
-Muoviti, oppure assaggerai la mia frusta!-esclamò la mia Dominatrice decisa.
Ormai senza più difese nè possibilità di fuga inghiottii l'orribile boccone leccando con cura il pavimento freddo.
Per un istante sentii fortissimi crampi allo stomaco con conseguente nausea, ma, non so come, resistetti.
-Benissimo, schiavo.-disse soddisfatta di avermi domato ed umiliato.-Voglio che tu sappia che da oggi, da questo momento, Io sarò la tua unica e Suprema Dea Padrona Dominatrice e tu mi ubbidirai umile e sottomesso per sempre.
Detto questo mi posò una Scarpa sulla schiena e io, docile e rispettoso schiavo gli baciai servilmente l'altra Scarpa di vernice nera col tacco altissimo a spillo dimostrando di aver compreso il mio ruolo di schiavo.

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Racconto FemDom/003

UN UOMO NEL BUIO

Sono immerso nel buio più completo.Buio prodotto da una spessa benda nera che mi ricopre gli occhi.
Sono sospeso da terra, appeso per i polsi da due cinghie in cuoio;le mie caviglie, legate insieme da un'altra cinghia, sono sollevate per circa trenta centimentri dal pavimento.Queste cinghie, strette a tal punto da impedire quasi lo scorrere del sangue nelle vene, mi bloccano ogni movimento.
Il locale in cui mi trovo è maledettamente silenzioso e, probabilmente, freddo.Dico probabilmente perchè la tensione che ho in corpo è tale da falsare ogni mia sensazione.
Sebbene completamente nudo, infatti, tutta la mia persona è ricoperta da gocce di sudore freddo, mentre internamente, il cuore che batte all'impazzata mi riscalda come un fuoco.
Tremo.Tremo a causa di una incomprensibile paura.
Ad un tratto avverto un leggerissimo fruscio.Fruscio di oscura provenienza e natura.
Il mio cuore si ferma di colpo poi riprende a battere come un tamburo impazzito.
Tendo le orecchie per percepire un altro suono in grado di spezzare quell'incredibile silenzio, ma solo il mio respiro affannoso rompe la quiete.
Sempre nudo e immobilizzato attendo un nuovo segnale.
Passano parecchi minuti, forse ore ma nessun rumore interrompe quella pace irreale.
Improvvisamente sento un sibilo provocato da un oggetto scagliato nel vuoto.
In preda ad un panico improvviso e misterioso mi irrigidisco completamente in attesa di un nuovo stimolo.
Il tremore precedente si trasforma in spasmi violenti trattenuti dalle cinghie che mi legano sempre più stretto.
Attendo un paio di minuti calato in un terrore ignoto.
Poi un nuovo sibilo accompagnato da un dolore lancinante alla schiena mi fa quasi svenire.
Sebbene il colpo sia stato violentissimo non risento particolarmente per il dolore, ma piuttosto per l'orrore a lungo paventato.
Immediatamente dopo la staffilata sento un'arrogante risata femminile.
-Ho voglia di divertirmi un pò, schiavo.
Nel buio mi immagino la mia Dea Dominatrice:una Donna perfetta, alta, snella, bellissima, superiore in tutto.
Il non poterLa vedere e quindi presagire le Sue mosse è angoscioso:l'attendere in un nero silenzio una frustata, una puntura, un ustione da sigaretta oppure una carezza o un bacio è una delle torture psicologiche più crudeli ed atroci.
Lei, la mia Dea, lo sa e sa anche sfruttare al meglio questa mia condizione di soggezione.
Un ticchettio lento ma insistente invade la stanza e infrange il silenzio.
Nella mia mente eccitata si forma nitidissima l'immagine delle Scarpe della mia Padrona i cui tacchi a spillo stanno producendo quell'inquietante battito.Mi sembra quasi di vederLe, nel buio, quelle lucidissime Scarpe in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo camminare ai Piedi della mia Dea, Scarpe che infinite volte mi sono dovuto chinare ad adorare.
Quell'assurdo rumore continua senza sosta a martellare il mio cervello.
Lo stress dell'attesa è durissimo:alcune volte l'arrivo del supplizio e della tortura permette di tirare un sospiro di sollievo liberandoti da quell'ansia incredibile, ma la maggior parte delle volte la punizione
fisica è tale da essere il naturale seguito di quella psicologica.
Nel medesimo istante in cui i tacchi smettono di battere un fischio mi annuncia l'inizio della prima sevizia:in meno di un minuto la mia schiena viene colpita da almeno una trentina di violentissime frustate prodotte da un gatto a nove code.
In base al bruciore posso immaginare le ferite lasciate dalla frusta nella mia carne:posso quasi vedere, oltre che sentire, i solchi sanguinanti che mi segnano orribilmente il dorso.
L'orrenda sofferenza quasi non mi fa udire la sadica risata della mia Dea.
Stringendo i denti dal dolore ricado nel più paranoico silenzio.
Passano alcuni minuti e non percepisco più alcun suono:il mio corpo, la mia mente, il mio coraggio sperano in una liberazione ma quando, inesorabilmente, sento qualcosa penetrarmi nella carne comprendo che non è finita.
Due spilli, o almeno credo che siano due spilli, mi hanno trafitto entrambi i capezzoli con una freddezza da chirurgo.Sebbene raccapricciante a vedersi questo supplizio non è particolarmente doloroso a parte il momento in cui gli spilli vengono conficcati nel corpo.
Di nuovo, poi, il silenzio.
Un urlo, improvvisamente, esce dalla mia gola:gli spilli hanno cominciato a emanare forti scariche elettriche che, implacabilmente, si propagano per tutto il mio corpo.
Ad ogni scarica rispondo con un sussulto ed uno spasmo di dolore.
Le scosse provocano l'irrigidimento e quindi lo strazio di tutti i miei muscoli che vanno incontro a fortissimi crampi.
Cinque, dieci, venti, trenta scariche mi riducono a uno straccio.
Distrutto, spero che la mia Dea voglia concedermi la grazia, ma le mie speranze vengono spazzate via da un ennesimo supplizio.
Sento infatti una fitta localizzata sul glande del mio pene:il bruciore si propaga sulla verga e sui testicoli facendomi gridare di dolore.
Dapprima non riesco a capire quello che sto subendo poi però comprendo cosa mi sta facendo la mia Padrona:con un accendino si diverte, sadica, a ustionarmi il mio organo sessuale.
Grido, grido come un forsennato, ma forse questo rende la mia Dea Dominatrice ancora più felice e crudele.Mentre esegue la disumana tortura La sento godere di piacere emettendo gemiti e sospiri di eccitazione.
Mi pare quasi di vederLa:intanto che mi tortura si massaggia con la mano la vulva in orgasmo.
Svengo per l'estrema sofferenza, ma, quando riesco a tornare in me scopro con orrore che la mia Padrona sta completando la Sua opera di distruzione fustigandomi senza pietà su tutto il corpo.
Le staffilate continuano per parecchio tempo ed infine io, pur cosciente, non sono più in grado di comprendere quello che mi sta accadendo.
Un rumore metallico di catene fatte scorrere in una carrucola mi indicano la fine di quel massacro.
Ricado violentemente a terra, libero dalle cinghie.
La benda che ho sugli occhi mi viene tolta e la luce che fulminea mi inonda le pupille quasi mi acceca.
Appena riesco a mettere a fuoco vedo la punta di una Scarpa in vernice nera, lucidissima.Scarpa che con remissione estrema comincio ad adorare.

giovedì 5 febbraio 2009

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Racconto FemDom/002

SCARPE DIVINE

La prima volta che vidi quelle strane Scarpe in una vetrina in un negozio del centro, Le osservai con un misto di indifferenza e perplessità.Erano un decolté in vernice nera coi tacchi altissimi e fini a spillo che, Mi immaginai, addosso a Me, che sono molto alta e snella come una fotomodella, sarebbero state piuttosto fuori luogo. Inoltre Le trovavo troppo appariscenti, sexy e, soprattutto, scomode.
Poi, passando e ripassando davanti a quella vetrina, decisi di entrare e Le acquistai.
Rientrata a casa posai la scatola nera e anonima in un angolo della Mia camera senza nemmeno aprirla e la lasciai lì per parecchi giorni.
Successivamente, durante un pomeriggio proprio quando stavo aspettando per la sera un giovane collega di lavoro con cui avrei dovuto scrivere delle lettere, notai la scatola nera e decisi di provare quelle strane Scarpe.
Ero vestita “da lavoro” e cioè con un elegante tailleur grigio scuro composto da giacca e minigonna e calze nere velatissime.
Mi sedetti su una poltrona nel Mio soggiorno e posai la scatola nera su un tavolino accanto a Me.Aprii la scatola e, lentamente, scostai la carta velina e Mi apparvero Le Scarpe, nere, lucidissime, elegantissime nella Loro forma ardita e sinuosa.
Percepii l’aroma forte del cuoio e della vernice e la cosa Mi diede un senso di piacere mai provato.
Le presi fra le mani e il Mio senso di piacere aumentò.Il Mio cuore cominciò a battere all’impazzata in preda a un’emozione mai provata.
Me Le infilai ai Piedi e il piacere e il godimento raggiunsero un tale livello che emisi un gemito di orgasmo.
Mai avrei pensato di provare queste sensazioni solo indossando un paio di Scarpe, eppure calzandoLe sentivo in Me salire emozioni di estremo piacere e, soprattutto, emozioni che non avevo mai provato di forza, di superiorità, di crudeltà.
Mi alzai in piedi e feci qualche passo.
Curiosamente sembrava che portassi quelle Scarpe da sempre:nessun impiccio, nessuna goffa andatura, anzi valorizzavano il Mio Corpo e il Mio portamento.
Mi guardai in un grande specchio che rifletteva completamente la Mia slanciata e alta figura.
Con quelle Scarpe stupende apparivo non solo bellissima ma, anche, altera, arrogante, dura, cattiva, sadica.
Annullando il Mio carattere di solito solare Mi ritrovai a pensare di dominare qualcuno, di affondare i tacchi altissimi a spillo di quelle Scarpe nel corpo nudo di un sottomesso, di distruggere psicologicamente e fisicamente un Mio schiavo fino a raggiungere un vero e proprio orgasmo sessuale.
Quelle erano le sensazioni e i desideri che Mi trasmettevano le Divine Scarpe che indossavo.
Quelle Scarpe Mi avevano trasformato in una vera Dea Dominatrice.
Feci ancora qualche passo e raggiunsi un mobile su cui erano posati un pacchetto di sigarette e un accendino metallico, presi una sigaretta, l’accesi, e tornai dinnanzi al grande specchio per vederMi mentre fumavo:ero bellissima con quell’espressione superba e altezzosa che, non solo il Mio Viso ma tutto il Mio Corpo, avevano assunto.
Improvvisamente suonò il campanello.Sul Mio Viso si disegnò uno sguardo stizzito. Chi osava disturbarMi?
Andai alla porta.
Era il Mio collega di lavoro, un giovane aitante e piuttosto belloccio, ultimo arrivato nel nostro ufficio.Più di qualche volta avevo nascosto, con una certa ammirevole comprensione, i suoi piccoli errori lavorativi.Ma adesso…
-Ciao, Ingrid.-esordì lui con uno stupido sorriso stampato in faccia.
Lo guardai sgattaiolarMi in casa con occhi carichi di cattiveria e lo colpii con un violento schiaffo sul volto con tutta la forza che possedevo senza comunque scomporre minimamente il Mio portamento Regale.
-Come ti sei potuto permettere di rivolgerti a Me con quel tono?-dissi con voce arrogante e decisa.-IO sono la tua Direttrice ed esigo la massima ubbidienza e rassegnazione.
Il giovane abbassò la testa incrociando per un istante le Mie Scarpe Divine mentre con una mano si proteggeva la guancia arrossata e gonfia per lo schiaffo subito.
Non azzardò nessun tipo di reazione né verbale né fisica.
La cosa Mi riempì di soddisfazione.
-SeguiMi.-dissi mostrandoMi seccata.
Mi andai a sedere sulla poltrona in soggiorno ed accavallai le Mie lunghe, splendide gambe mettendo in risalto le Scarpe Divine.
Lui rimase in piedi davanti a Me in silenzio e con gli occhi che fissavano il pavimento.
Mi accesi una sigaretta.Stavo scoprendo quanto poteva essere divertente dominare un uomo.
-Allora vuoi muoverti a prendere i fogli per gli appunti?-dissi con dura arroganza.-Non ho tutta la serata.
Lui scattò come una molla prendendo un blocco per appunti e una penna dalla borsa in pelle che si era trascinata dietro.
-Dove mi posso appoggiare?-disse il giovane sottomesso con una nocetta querula.
Allargai le braccia con un gesto teatrale.
-Ti devo proprio spiegare tutto?Mettiti qui, davanti a Me.
Indicai un punto sul pavimento, appena oltre le Mie Scarpe Divine.
Lui osservò il Mio dito puntare il gelido marmo con un’espressione inebetita.
-Mi… mi devo mettere… a scrivere sul pavimento?-balbettò flebilmente.
-Sì, in ginocchio.-risposi con un tono che non ammetteva repliche.
Lentamente il giovane si chinò a terra fino a che non fu disteso lungo e sdraiato di fronte a Me.
-Sei talmente stupido che non capisci quello che ti dico?-obbiettai spegnendo la sigaretta.-Ti ho ordinato di metterti in ginocchio:sei troppo comodo così.
Lui Mi lanciò un’occhiata carica di rispetto, Io quasi urlavo dal piacere di vedere un uomo ai Miei Piedi.
Senza fiatare si rannicchiò fino a trovarsi genuflesso davanti a Me:in quella posizione era davvero scomodo scrivere.
-Vieni più avanti, verso di Me.-ordinai.
Lui strisciò in silenzio venendosi a trovare a pochi centimetri dalle Scarpe Divine.
-Ancora.-insistetti inflessibile.
Si avvicinò talmente tanto che praticamente toccava le Mie Calzature solo osando alzare leggermente la testa.
Per oltre due ore lo costrinsi a scrivere una marea di inutili appunti.Sadicamente, ogni volta che tentava di alzare il capo, ricominciavo a dettare frasi insulse obbligandolo a restare chino sul suo blocco per appunti.
Già dopo un quarto d’ora che stava in quella scomodissima positura notai la sua estrema sofferenza:le sue gambe avrebbero voluto distendersi per permettere la circolazione del sangue ma Io, crudelmente, non gli concessi il minimo movimento fino a che i suoi arti doloranti dapprima cominciarono a tremare poi restarono immobili e rigidi come blocchi di marmo.Lui, dal canto suo, non osava ribellarsi al Mio durissimo strapotere.
-Va bene, basta.Sono stanca.-dissi infine.
Il Mio giovane sottomesso sentendo quelle parole credette di essere libero:solo Io sapevo quanto si sbagliava.
-Dammi i tuoi appunti.Voglio vedere che cosa hai scritto.-gli ordinai.
Lui prese il blocco e me lo allungò distendendo il suo inutile corpo per qualche istante:i suoi gemiti di dolore Mi fecero intuire quanto soffriva.Provai un immenso piacere nel vederlo star male ai Miei Piedi.
Presi i fogli che Mi porgeva, li posai sulle Mie gambe accavallate e Mi accesi una sigaretta mentre lui rimaneva immobile inginocchiato di fronte a Me.
Cominciai a leggere calmissima:non avevo nessuna fretta di far terminare quel sadico supplizio, anzi, desideravo farlo continuare ancora per parecchio tempo tanto era il godimento che Mi provocava.
Mentre leggevo notai che lui, probabilmente per alleviare la pena delle gambe anchilosate, aveva abbassato il petto alzando leggermente le natiche in modo da distendere, per quanto gli era possibile, gli arti inferiori.
Per qualche secondo trovai molto soddisfacente il fatto che egli non osasse reagire al Mio Potere alzandosi in piedi ma non potevo accettare che disubbidisse ai Miei Supremi ordini permettendosi di sciogliere la rigida positura che gli avevo imposto.
-Io non ti pago per stare a guardarMi.-dissi imperiosa e lui, come un cane bastonato, si riabbassò immediatamente.-PulisciMi le Scarpe!
Il giovane lanciò un’occhiata alle Mie Divine Calzature, poi si guardò intorno come se cercasse qualcosa.
-Dove posso trovare un panno per… -disse con una vocina flebile e tremante.
Scostai i fogli che stavo leggendo fissandolo dall’alto della Mia posizione.
-Come?-chiesi stizzita.
Lui Mi guardò con estremo terrore.
-Mi chiedevo come fare per lucidare le Sue elegantissime Scarpe, Direttrice.-disse con un filo di voce.
-Ti devo proprio insegnare tutto!-sbuffai indispettita.-Non hai forse un inutile lingua?Usala.
-Ma io… -osò ribattere il giovane.
-Prego?-risposi con un’aria sadicamente minacciosa.
Il ragazzo abbassò lo sguardo sul pavimento, poi lo rialzò osservando sconfortato le Mie Scarpe Divine in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo.Non disse nulla e si allungò sulla Calzatura tenuta sollevata dall’accavallamento delle gambe.Un istante dopo sentii la sua lingua leccare la tomaia lucidissima.Un orgasmo mi fece rabbrividire di piacere.
Mentre lui continuava in umile silenzio a leccarMi le Divine Scarpe Io feci finta di rimetterMi a leggere.In realtà godevo immensamente di quella situazione:la Mia vagina, totalmente dilatata per l’eccitazione, era umida di piacere, la Mia mente estasiata si immaginava crudeli, e divertenti, torture da infliggere al Mio schiavo per il Mio più lussurioso orgasmo.
Il Mio desiderio più grande, in quel momento, era di frustare, calpestare, torturare, umiliare, degradare, distruggere un uomo…
-Anche il tacco a spillo.-dissi arrogante.
Il giovane si chinò in avanti per lucidare con la sua ignobile lingua il tacco delle Mie Scarpe Divine anche perché Io non lo aiutavo minimamente nell’espletare quell’umiliante servizio.
Comunque, potei notare alzando la punta della Scarpa Divina che il Mio neo schiavo stava leccando senza curarMi che con quel gesto gli ficcavo violentemente il tacco altissimo a spillo in bocca, lui stava facendo un ottimo lavoro.
-Sei inutile anche come lecca-Scarpe!-esclamai, ovviamente.
Sciolsi l’accavallamento delle gambe e, per pochi secondi, allargai le cosce per vedere il comportamento del sottomesso.Lui, invece di sbirciarMi sotto la minigonna, abbassò gli occhi con un gesto carico di rispetto.
Ne fui veramente soddisfatta:il ragazzo appariva un eccellente schiavo.
-L’altra Scarpa.-ordinai riaccavallando le gambe.
Lui si chinò repentinamente sulla seconda Calzatura Divina.
Cominciai a chiederMi se quel giovane fosse già stato uno schiavo masochista e che quindi aveva sempre nascosto, in ufficio, la sua tendenza a essere sottomesso a una Dea Dominatrice come Me oppure se, quella sera, avevo domato un cavallo selvaggio utilizzando la Mia forza, la Mia superiorità, il Mio sadismo.
Preferii credere nella seconda ipotesi confermando il crudele sadismo che in quella serata si era impossessato di Me da quando avevo indossato le Scarpe Divine in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo.
Effettivamente, in meno di un minuto, la Mia vita era cambiata solo indossando quelle straordinarie Calzature.
Fino a poche ore prima ero solo una semplice Direttrice di un noioso ufficio di un’agenzia di assicurazioni adesso ero una Dea Dominatrice sadica e crudele.
Mentre ero immersa nei Miei pensieri notai che lo schiavo era inginocchiato immobile e con il capo chino.
-Perché hai smesso?-chiesi rabbiosa.
Lui non osò alzare la testa.
-Ho terminato, Direttrice.-rispose umilmente.
Effettivamente le Scarpe Divine erano lucidissime pur tenendo conto che erano perfettamente nuove.
Non avevo ancora deciso cosa fare con lo schiavo e la cosa Mi stizzì non poco.
-Non Mi hai pulito la suola.-dissi cattiva.
Per agevolargli il compito gli mostrai benevola la suola.
-Devo… leccarLa?-chiese flebile lui.
-Certo.Muoviti!-gridai rabbiosa.
Con estrema sottomissione lo schiavo iniziò a leccare la suola.La cosa Mi provocò un ulteriore orgasmo molto più forte del precedente.
Quando stavo per porgere la suola della seconda Scarpa Divina Mi venne una splendida idea per terminare la serata.L’idea Mi riempì d’orgoglio e sorrisi sadicamente.
Quando finalmente decisi di passare a un gioco più duro lo schiavo stava ancora leccando la suola della seconda Scarpa Divina.
Per farlo smettere gli diedi un calcio in faccia, leggero ma deciso.
-Basta adesso, Mi hai stancata, sei proprio inutile.-dissi.-Mettiti in ginocchio con il busto eretto.
Attesi che lo schiavo si posizionasse come gli avevo imposto:ci mise più del tempo necessario in quanto era chinato da troppo tempo e le gambe non gli rispondevano più.
Lo vidi alzarsi godendo della sua fatica e della sua sofferenza.
Quando fu in posizione gli ordinai senza mezzi termini di sfilarsi la camicia obbligandolo a restare a torso nudo.Devo ammettere che possedeva un fisico eccezionale:i muscoli del petto e dell’addome erano infatti perfettamente modellati come quelli di un culturista.
Uno schiavo nerboruto, quindi.Avrei avuto più compiacimento nel distruggerlo.
Gli passai una mano sul petto per saggiarne la forza.Presi, poi, la sua camicia e con un gesto secco la strappai in due ottenendo due stracci.
-Girati, spalle a Me.-ordinai.-E metti le braccia dietro la schiena.
Perplesso il giovane eseguì l’ordine.
Con uno dei due pezzi della camicia strappata gli legai i polsi in maniera molto stretta.
Quando fu legato tentò di divincolarsi ma non ci riuscì.
-Sdraiati sul pavimento con la schiena in basso.-dissi.
Totalmente sottomesso, sebbene un po’ titubante, si distese.Con l’altro straccio gli legai le caviglie immobilizzandolo completamente.
Guardai con soddisfazione il Mio operato.Mi accesi una sigaretta ed iniziai a girargli intorno lentamente.
Lui fissava il soffitto della stanza sudando freddo.
Mi immaginai il suo strazio nel sentirsi picchiare nel cervello il ticchettio ritmico ed angosciante dei tacchi a spillo delle Mie Scarpe Divine.
Ogni tanto lasciavo cadere la cenere della Mia sigaretta sul suo corpo nudo più che altro per degradarlo dato che la cenere giungeva su di lui praticamente fredda.
Quando però la sigaretta fu terminata gettai il mozzicone acceso sul suo petto e, sadicamente, appoggiai sopra una Scarpa Divina senza premere troppo ma facendo in modo da fargli percepire il maggior dolore possibile.
Il giovane schiavo rispose alla tortura contorcendosi e gridando senza però ottenere nulla.
Non volevo avere pietà di lui.
Dopo qualche secondo il giovane si ricompose restando immobile nella posizione in cui lo avevo obbligato a stare.
A parte i lamenti e i sussulti di dolore lui non azzardò nessuna reazione al Mio Potere e questo Mi riempì di superbia in quanto, con il suo comportamento, riconosceva la Mia forza e la Mia superiorità.
Ricominciai a passeggiare tranquillamente intorno a lui.
I suoi respiri affannosi e il suo corpo sudato e tremante Mi facevano capire quanto temesse il Mio sadismo e la cosa, inutile dirlo, Mi dava un immenso piacere.
Improvvisamente Mi fermai, proprio di fianco allo schiavo, e posai una delle Mie Scarpe Divine in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo sopra il suo torace, poi, con un movimento leggiadro ed elegante, feci leva sul suo umilissimo corpo e salii completamente sopra di lui appoggiando l’altra Scarpa Divina sul suo addome muscoloso.
La reazione del giovane al supplizio fu inutile quanto disperata:sebbene non fossi particolarmente pesante, il Mio Corpo Divino era alto e slanciato, cercavo di aumentare al massimo la sofferenza del Mio soggiogato utilizzando al meglio la Mia principale arma di sevizia, i Miei altissimi e affilatissimi tacchi a spillo, imprimendo sopra di Loro tutta la Mia forza e il Mio peso.Il risultato era che i Miei tacchi a spillo affondavano duramente nella carne dello schiavo mentre lui, dato che praticamente lo inchiodavo a terra, poteva solo urlare la sua pena estrema che era direttamente proporzionale al Mio godimento.
Restai in quella posizione per due o tre minuti, poi scesi dallo zerbino umano per valutare gli effetti del trattamento.
Due piccoli ma evidentissimi lividi bluastri apparivano sulla pelle rosea ed integra dello schiavo che, durante la tregua, aveva cominciato a respirare a pieni polmoni cosa che prima, con Me sopra di lui, non poteva fare.
-Ti è piaciuto?-chiesi con una nocetta arrogante.
-Basta, per pietà!-gridò lui con forza.
-Ho appena cominciato, verme.-dissi sadicamente.-Quando avrò finito il tuo inutile ed ignobile corpo sarà ricoperto di lividi e sangue.Tutto questo solo ed esclusivamente per il Mio piacere.
Non attesi di sentire l’urlo con cui, disperato ed angosciato, tentava di impietosirMi e risalii crudelmente sopra di lui facendo nuovamente affondare i Miei tacchi a spillo nel suo corpo.
Questa volta, però, non Mi limitai a stazionare sopra lo schiavo ma iniziai a saltellargli sopra con il risultato di conficcare più profondamente i tacchi altissimi a spillo nel suo corpo.Sottoposto a questo martirio brutale lui cominciò a piangere disperatamente divenendo paonazzo e gridando violentemente il suo tormento.
“Grida pure, bastardo.” Pensai sorridendo mentre continuavo a saltare sopra di lui “Godo nel sentirti morire.”
Dopo oltre mezz’ora di ballo sfrenato sul corpo del sottomesso decisi, ormai stanca, di scendere per valutare gli effetti del trattamento.
L’uomo continuava a singhiozzare sommessamente mentre dalle labbra biancastre gli usciva un rivolo di saliva bavosa.Il suo busto appariva martoriato dalla Mia crudeltà:la pelle era ricoperta di lividi rosso-bluastri, marchi prodotti dai tacchi altissimi a spillo e, in alcuni punti, il sangue fuoriusciva copiosamente andando a imbrattare il pavimento marmoreo.
-Molto bene.-dissi soddisfatta del Mio operato.
Mi sedetti sulla poltrona posta dinnanzi al corpo distrutto dello schiavo, accavallai le gambe tranquillissima e Mi concessi una sigaretta.Decisi di aspettare e slegare lo schiavo perché, seppur avessi goduto come mai prima nel massacrarlo, sentivo che mancava ancora qualcosa per raggiungere a pieno la Mia libidine sadica.
Pensai a quale altra tortura sottoporlo mentre gli gettavo la cenere della sigaretta sulle ferite aperte e sanguinanti.
Scoprii salire in Me il desiderio, naturale per una vera Dea Dominatrice sadica, di frustare il Mio schiavo ma Mi accorsi tristemente che, avendo notato solo in quella serata le Mie tendenze crudeli, non possedevo nessuna frusta.
Poi, improvvisamente, Mi venne un’idea straordinaria.
Mi alzai in piedi, Mi avvicinai allo schiavo e Mi chinai accanto a lui.
Senza la minima pietà spensi il mozzicone acceso della Mia sigaretta nell’ombelico nudo ed indifeso del sottomesso e restai chinata immobile ridendo dei sussulti del suo corpo straziato.
Dopo gli slacciai la cintura dei pantaloni e gliela sfilai con un gesto secco, quindi la piegai in due ed impugnai le due estremità.
“Ecco la Mia prima frusta.” Pensai mentre la facevo schioccare con forza in aria.
Guardai minacciosa lo schiavo con un sadico sorriso.
Lui capì immediatamente cosa l’aspettava tanto che cominciò a piagnucolare disperatamente.
-E’ inutile che fai tutti questi versi.-dissi calmissima.-Tanto Io ti frusto lo stesso.
Con fredda determinazione appoggiai una Scarpa Divina sulla testa dello schiavo, obbligandolo a piegarla verso il gelido pavimento, con la suola posata sulla tempia e il tacco altissimo a spillo che gli schiacciava fortemente una guancia andando a posarsi sulle arcate dentarie.
In quella posizione, con lui immobilizzato completamente, sembravo una Cacciatrice pronta a uccidere la Sua preda indifesa.E così Io Mi immaginavo di essere.
Totalmente priva di rimorso iniziai a colpire lo schiavo con la rudimentale frusta.
Decine e decine di frustate date con la massima forza che Mi era permessa.
Ogni staffilata lasciava sul corpo del sottomesso un nuovo livido che si aggiungeva agli altri centinaia prodotti dai Miei tacchi a spillo, inoltre, quasi ogni frustata apriva sulla pelle di lui, già duramente maciullata, una nuova, profonda ferita zampillante sangue.
Continuai con quello spietato martirio infierendo sullo schiavo finchè non fui stanca ridendo, ridendo, ridendo di piacere.
Poi lo slegai.
Altri meravigliosi orgasmi si susseguirono durante la sessione di fustigazione agevolati dal fatto che sentivo, con libidine, i mostruosi gemiti di sofferenza del Mio giovane schiavo.
Alla fine mi risedetti sulla poltrona, accavallando le gambe e accendendoMi una sigaretta, appagata da tutto il dolore che avevo inflitto.
Mi guardai le Scarpe, le Mie Scarpe Divine in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo che, con il Loro immenso Potere Mi avevano aperto gli occhi su una parte di Me che non conoscevo:il lato duro, crudele e sadico del Mio carattere che fino ad allora avevo nascosto ma che, da lì in poi, sarebbe stato parte integrante e fondamentale di Me.
Mentre ero immersa in quegli splendidi pensieri notai che lo schiavo, pur terribilmente distrutto, strisciava con ostinata determinazione verso di Me, lasciandosi dietro una scia di sangue.
Giunto davanti alle Mie Divine Calzature utilizzò l’ultimo guizzo di energia che gli restava per allungarsi a baciarLe, poi debolmente mormorò:
-Grazie, Direttrice.
Quindi svenne cadendoMi ai Piedi.
Vedendo quella scena e sentendo quelle parole arrivò, per Me, un ultimo, indimenticabile, orgasmo di piacere che Mi fece emettere un lungo, profondo gemito lussurioso.