venerdì 6 febbraio 2009
Racconto FemDom/004
VANESSA
Avevo sempre amato comandare:fin dai tempi remoti della scuola mi ero sempre distinto dagli altri compagni per il mio carattere risoluto, ambizioso ed autoritario.
Da adulto, divenuto proprietario ed unico manager di una grande azienda del settore informatico, non avevo perso la voglia di dominare, seppur solo nell'ambito professionale e sociale, ogni mio collaboratore.
Vanessa, ad esempio, era la mia segretaria personale da circa un anno.Era una ragazza di circa venticinque anni, alta, snella, bionda e ben carrozzata.
L'avevo scelta soprattutto per la Sua straordinaria bellezza, ma anche per la Sua eccezionale capacità di risolvere brillantemente ogni problema burocratico e legale.
Appena assunta Le avevo imposto di indossare SEMPRE sul lavoro minigonne vertiginose e Scarpe coi tacchi a spillo.
Non era solo piacere personale, ma il fatto di vedersi davanti un paio di splendide lunghe gambe affusolate fasciate da velate calze nere ben disponeva ogni cliente a parlare d'affari.
Vanessa, dal canto Suo non appariva affatto contrariata, anzi, forse con l'intenzione di sedurmi non perdeva occasione di mostrare le Sue grazie con tiratissimi accavallamenti di gambe e spettacolari inchini del busto in avanti.
Tutto quel gioco mi piaceva, sebbene con freddezza non lo facessi notare.
Un giorno chiesi a Vanessa di procurarsi, tramite l'archivista, un vecchio fascicolo di pratiche da cui dovevo prelevare alcuni dati.
In pochissimo tempo l'archivista, anche per non incorrere in un mio rimprovero, mi portò il fascicolo richiesto.
Chiamai Vanessa e Le chiesi di prepararsi a segnare alcuni appunti.
Efficientissima come al solito la Donna prese un block-notes e una penna e si sedette accanto alla mia scrivania in modo tale che io potessi, solo alzando lo sguardo, vedere le Sue cosce perfette inguainate in calze nere.
-E'pronta, Vanessa?-chiesi inforcando gli occhiali.
-Sì, dottore.-rispose con la Sua voce calda e sensuale.
Mi apprestai quindi a togliere il raccoglitore dalla custodia.
Appena lo ebbi aperto vidi una cosa nera grande quanto un grosso acino d'uva scivolare sul piano della mia scrivania.
Istintivamente mi allontanai dal tavolo facendo cadere la sedia su cui ero seduto.
Con terrore guardai il piano di lavoro:un grosso scarafaggio camminava nella mia direzione agitando le antenne.
Improvvisamente mi tornò alla memoria un episodio terribile della mia infanzia:quando avevo cinque anni mentre giocavo sopra un vecchio tronco d'albero abbattuto venni assalito da uno stormo di orribili scarafaggi che mi si infilarono sotto i vestiti mentre io venivo scosso da convulsioni causate dalla paura tremenda.
La stessa medesima situazione si ripeteva ogni volta che vedevo un insetto o un rettile tanto che mi rifiutavo di entrare in locali o addirittura in case in cui avevo visto uno scarafaggio, un grosso ragno, una lucertola.
Credevo che questa mia fobia potesse passare con gli anni ma, invece, rimase latente fino all'età adulta.
Acciecato dalla paura indietreggiai fino al muro dietro alla mia scrivania e, pallido e tremante, guardavo ossessionatamente l'insetto avvicinarsi.In preda a un orrore indescrivibile mi gettai in un angolo del locale e mi ranicchiai a terra, sudato ed in balia di fortissimi spasmi nervosi.
Lo scarafaggio intanto era caduto sul pavimento in marmo e, quasi volesse portare a termine il suo assalto, continuò inesorabile la sua marcia verso di me.
-Aiuto... aiuto... vi prego...-dicevo con un filo di voce:non avevo la forza di gridare.
Il mostro era ormai vicinissimo a me tanto che, per una frazione di secondo, pensai di morire.
Ad un tratto vidi, nella nebbia, un ombra scura e lunga posarsi sulla bestia e, con fatica cercai di mettere a fuoco l'immagine.
Una Scarpa femminile in vernice nera col tacco altissimo a spillo aveva bloccato, senza però ucciderlo, lo scarafaggio le cui zampe si muovevano frenetiche tra il pavimento e la suola.
-Uccidetelo... vi prego... uccidetelo... abbiate pietà...-sibilai.
La Scarpa esitò per un attimo e mi parve quasi sul punto di liberare il mostro, poi, però, con un movimento lento ma deciso schiacciò lo scarafaggio.
Respirai a bocca completamente aperta e, con il viso madido di sudore freddo, guardai di nuovo la Scarpa.
Non si era minimamente mossa e il corpo viscido e spappolato dello scarafaggio era ormai inerte ed inoffensivo per me.
Lentamente alzai gli occhi seguendo la lunghissima e bellissima gamba femminile che calzava la Scarpa di vernice nera col tacco altissimo a spillo.
Vanessa si ergeva altera, fredda e tranquilla dinnanzi a me sfoggiando un sorriso strano ed inquietante.
Il vederLa dal basso amplificava la bellezza e la perfezione del Suo corpo giunonico ed io apparivo come un inutile oggetto ai Suoi Piedi.
-Tutto bene, dottore?-mi chiese calma.
Non risposi:stavo guardando fisso la Scarpa che aveva ucciso lo scarafaggio.
Mai e poi mai avrei pensato una cosa del genere, ma in quel momento avrei voluto chinarmi a baciare ed adorare le Scarpe della mia Eroina.
Vanessa, per contro, non si era mossa e mi sembrò quasi che aspettasse che io facessi quell'atto di estrema sottomissione a Lei.
Non osavo guardarLa in viso.Non tanto per la vergogna quanto perchè, per la prima volta nella mia vita, mi sentivo sottomesso a qualcuno.
Mi mossi lentamente, seppur comvinto di quello che stavo per fare, e mi chinai sopra la Scarpa che ancora opprimeva la carcassa spappolata dello scarafaggio.
Senza dire una parola iniziai a baciare la punta della Scarpa della mia Signora e continuai fino a che non ebbi adorato e baciato tutta la tomaia e il lungo tacco a spillo.
La mia Dea rimase immobile ed in silenzio, ma, dai gemiti che emetteva capivo che stava godendo di quella situazione di superiorità.
Senza fiatare passai alla seconda Scarpa che baciai ed adorai con estrema remissività.
Appena ebbi terminato quell'operazione altamente degradante nei miei confronti mi inginocchiai davanti alla mia Padrona a capo chino attendendo come un cane degli ordini.
La mia Dea sollevò la Scarpa che schiacciava lo scarafaggio.Il corpo spappolato dell'insetto apparve orribile e ributtante con tutti i suoi umori che avevano sporcato il pavimento e la suola della Scarpa
della mia Regina.
-Puliscimi la suola.-ordinò la mia Dea.-Con la lingua.-disse le ultime parole con arroganza.
Mi mise la Scarpa sollevata davanti al viso ed io guardai la suola sporca con riluttanza.
-Muoviti, schiavo.-disse gelida.
Incredibilmente feci quello che mi chiedeva e leccai accuratamente la suola viscida.
La bocca mi si riempì di un disgustoso sapore amarognolo ma mi guardai bene dal vomitare.
La mia Dea Padrona posò di nuovo la Scarpa pulita sul pavimento.
Sebbene non osassi guardarLe il viso sapevo che stava ridendo di me.
-Mangialo.-ordinò indicando con la punta della Scarpa destra lo scarafaggio schiacciato.
Non mi mossi:quello che mi chiedeva di fare era troppo ributtante.
-Ti ho ordinato di mangiarlo, schiavo.-disse indispettita ed altera.
Non aveva nessuna pietà:ero diventato solo un oggetto di divertimento per Lei, e, io, non possedevo nè il coraggio nè la forza per contraddirLa.
La mia esitazione La innervosì a tal punto che, con un calcio, affondò un tacco a spillo nella mia spalla sinistra.
Il dolore lancinante venne accompagnato da uno stillicidio di sangue che sporcò il tappeto su cui poggiava la mia scrivania.
-So essere molto cattiva quando mi arrabbio, schiavo,-spiegò calma e spietata.-e tu non mi hai mai vista veramente arrabbiata.-aggiunse minacciosa.
Mi ritrovai davanti a quella molliccia poltiglia scura.
-Muoviti, oppure assaggerai la mia frusta!-esclamò la mia Dominatrice decisa.
Ormai senza più difese nè possibilità di fuga inghiottii l'orribile boccone leccando con cura il pavimento freddo.
Per un istante sentii fortissimi crampi allo stomaco con conseguente nausea, ma, non so come, resistetti.
-Benissimo, schiavo.-disse soddisfatta di avermi domato ed umiliato.-Voglio che tu sappia che da oggi, da questo momento, Io sarò la tua unica e Suprema Dea Padrona Dominatrice e tu mi ubbidirai umile e sottomesso per sempre.
Detto questo mi posò una Scarpa sulla schiena e io, docile e rispettoso schiavo gli baciai servilmente l'altra Scarpa di vernice nera col tacco altissimo a spillo dimostrando di aver compreso il mio ruolo di schiavo.
Avevo sempre amato comandare:fin dai tempi remoti della scuola mi ero sempre distinto dagli altri compagni per il mio carattere risoluto, ambizioso ed autoritario.
Da adulto, divenuto proprietario ed unico manager di una grande azienda del settore informatico, non avevo perso la voglia di dominare, seppur solo nell'ambito professionale e sociale, ogni mio collaboratore.
Vanessa, ad esempio, era la mia segretaria personale da circa un anno.Era una ragazza di circa venticinque anni, alta, snella, bionda e ben carrozzata.
L'avevo scelta soprattutto per la Sua straordinaria bellezza, ma anche per la Sua eccezionale capacità di risolvere brillantemente ogni problema burocratico e legale.
Appena assunta Le avevo imposto di indossare SEMPRE sul lavoro minigonne vertiginose e Scarpe coi tacchi a spillo.
Non era solo piacere personale, ma il fatto di vedersi davanti un paio di splendide lunghe gambe affusolate fasciate da velate calze nere ben disponeva ogni cliente a parlare d'affari.
Vanessa, dal canto Suo non appariva affatto contrariata, anzi, forse con l'intenzione di sedurmi non perdeva occasione di mostrare le Sue grazie con tiratissimi accavallamenti di gambe e spettacolari inchini del busto in avanti.
Tutto quel gioco mi piaceva, sebbene con freddezza non lo facessi notare.
Un giorno chiesi a Vanessa di procurarsi, tramite l'archivista, un vecchio fascicolo di pratiche da cui dovevo prelevare alcuni dati.
In pochissimo tempo l'archivista, anche per non incorrere in un mio rimprovero, mi portò il fascicolo richiesto.
Chiamai Vanessa e Le chiesi di prepararsi a segnare alcuni appunti.
Efficientissima come al solito la Donna prese un block-notes e una penna e si sedette accanto alla mia scrivania in modo tale che io potessi, solo alzando lo sguardo, vedere le Sue cosce perfette inguainate in calze nere.
-E'pronta, Vanessa?-chiesi inforcando gli occhiali.
-Sì, dottore.-rispose con la Sua voce calda e sensuale.
Mi apprestai quindi a togliere il raccoglitore dalla custodia.
Appena lo ebbi aperto vidi una cosa nera grande quanto un grosso acino d'uva scivolare sul piano della mia scrivania.
Istintivamente mi allontanai dal tavolo facendo cadere la sedia su cui ero seduto.
Con terrore guardai il piano di lavoro:un grosso scarafaggio camminava nella mia direzione agitando le antenne.
Improvvisamente mi tornò alla memoria un episodio terribile della mia infanzia:quando avevo cinque anni mentre giocavo sopra un vecchio tronco d'albero abbattuto venni assalito da uno stormo di orribili scarafaggi che mi si infilarono sotto i vestiti mentre io venivo scosso da convulsioni causate dalla paura tremenda.
La stessa medesima situazione si ripeteva ogni volta che vedevo un insetto o un rettile tanto che mi rifiutavo di entrare in locali o addirittura in case in cui avevo visto uno scarafaggio, un grosso ragno, una lucertola.
Credevo che questa mia fobia potesse passare con gli anni ma, invece, rimase latente fino all'età adulta.
Acciecato dalla paura indietreggiai fino al muro dietro alla mia scrivania e, pallido e tremante, guardavo ossessionatamente l'insetto avvicinarsi.In preda a un orrore indescrivibile mi gettai in un angolo del locale e mi ranicchiai a terra, sudato ed in balia di fortissimi spasmi nervosi.
Lo scarafaggio intanto era caduto sul pavimento in marmo e, quasi volesse portare a termine il suo assalto, continuò inesorabile la sua marcia verso di me.
-Aiuto... aiuto... vi prego...-dicevo con un filo di voce:non avevo la forza di gridare.
Il mostro era ormai vicinissimo a me tanto che, per una frazione di secondo, pensai di morire.
Ad un tratto vidi, nella nebbia, un ombra scura e lunga posarsi sulla bestia e, con fatica cercai di mettere a fuoco l'immagine.
Una Scarpa femminile in vernice nera col tacco altissimo a spillo aveva bloccato, senza però ucciderlo, lo scarafaggio le cui zampe si muovevano frenetiche tra il pavimento e la suola.
-Uccidetelo... vi prego... uccidetelo... abbiate pietà...-sibilai.
La Scarpa esitò per un attimo e mi parve quasi sul punto di liberare il mostro, poi, però, con un movimento lento ma deciso schiacciò lo scarafaggio.
Respirai a bocca completamente aperta e, con il viso madido di sudore freddo, guardai di nuovo la Scarpa.
Non si era minimamente mossa e il corpo viscido e spappolato dello scarafaggio era ormai inerte ed inoffensivo per me.
Lentamente alzai gli occhi seguendo la lunghissima e bellissima gamba femminile che calzava la Scarpa di vernice nera col tacco altissimo a spillo.
Vanessa si ergeva altera, fredda e tranquilla dinnanzi a me sfoggiando un sorriso strano ed inquietante.
Il vederLa dal basso amplificava la bellezza e la perfezione del Suo corpo giunonico ed io apparivo come un inutile oggetto ai Suoi Piedi.
-Tutto bene, dottore?-mi chiese calma.
Non risposi:stavo guardando fisso la Scarpa che aveva ucciso lo scarafaggio.
Mai e poi mai avrei pensato una cosa del genere, ma in quel momento avrei voluto chinarmi a baciare ed adorare le Scarpe della mia Eroina.
Vanessa, per contro, non si era mossa e mi sembrò quasi che aspettasse che io facessi quell'atto di estrema sottomissione a Lei.
Non osavo guardarLa in viso.Non tanto per la vergogna quanto perchè, per la prima volta nella mia vita, mi sentivo sottomesso a qualcuno.
Mi mossi lentamente, seppur comvinto di quello che stavo per fare, e mi chinai sopra la Scarpa che ancora opprimeva la carcassa spappolata dello scarafaggio.
Senza dire una parola iniziai a baciare la punta della Scarpa della mia Signora e continuai fino a che non ebbi adorato e baciato tutta la tomaia e il lungo tacco a spillo.
La mia Dea rimase immobile ed in silenzio, ma, dai gemiti che emetteva capivo che stava godendo di quella situazione di superiorità.
Senza fiatare passai alla seconda Scarpa che baciai ed adorai con estrema remissività.
Appena ebbi terminato quell'operazione altamente degradante nei miei confronti mi inginocchiai davanti alla mia Padrona a capo chino attendendo come un cane degli ordini.
La mia Dea sollevò la Scarpa che schiacciava lo scarafaggio.Il corpo spappolato dell'insetto apparve orribile e ributtante con tutti i suoi umori che avevano sporcato il pavimento e la suola della Scarpa
della mia Regina.
-Puliscimi la suola.-ordinò la mia Dea.-Con la lingua.-disse le ultime parole con arroganza.
Mi mise la Scarpa sollevata davanti al viso ed io guardai la suola sporca con riluttanza.
-Muoviti, schiavo.-disse gelida.
Incredibilmente feci quello che mi chiedeva e leccai accuratamente la suola viscida.
La bocca mi si riempì di un disgustoso sapore amarognolo ma mi guardai bene dal vomitare.
La mia Dea Padrona posò di nuovo la Scarpa pulita sul pavimento.
Sebbene non osassi guardarLe il viso sapevo che stava ridendo di me.
-Mangialo.-ordinò indicando con la punta della Scarpa destra lo scarafaggio schiacciato.
Non mi mossi:quello che mi chiedeva di fare era troppo ributtante.
-Ti ho ordinato di mangiarlo, schiavo.-disse indispettita ed altera.
Non aveva nessuna pietà:ero diventato solo un oggetto di divertimento per Lei, e, io, non possedevo nè il coraggio nè la forza per contraddirLa.
La mia esitazione La innervosì a tal punto che, con un calcio, affondò un tacco a spillo nella mia spalla sinistra.
Il dolore lancinante venne accompagnato da uno stillicidio di sangue che sporcò il tappeto su cui poggiava la mia scrivania.
-So essere molto cattiva quando mi arrabbio, schiavo,-spiegò calma e spietata.-e tu non mi hai mai vista veramente arrabbiata.-aggiunse minacciosa.
Mi ritrovai davanti a quella molliccia poltiglia scura.
-Muoviti, oppure assaggerai la mia frusta!-esclamò la mia Dominatrice decisa.
Ormai senza più difese nè possibilità di fuga inghiottii l'orribile boccone leccando con cura il pavimento freddo.
Per un istante sentii fortissimi crampi allo stomaco con conseguente nausea, ma, non so come, resistetti.
-Benissimo, schiavo.-disse soddisfatta di avermi domato ed umiliato.-Voglio che tu sappia che da oggi, da questo momento, Io sarò la tua unica e Suprema Dea Padrona Dominatrice e tu mi ubbidirai umile e sottomesso per sempre.
Detto questo mi posò una Scarpa sulla schiena e io, docile e rispettoso schiavo gli baciai servilmente l'altra Scarpa di vernice nera col tacco altissimo a spillo dimostrando di aver compreso il mio ruolo di schiavo.
Racconto FemDom/003
UN UOMO NEL BUIO
Sono immerso nel buio più completo.Buio prodotto da una spessa benda nera che mi ricopre gli occhi.
Sono sospeso da terra, appeso per i polsi da due cinghie in cuoio;le mie caviglie, legate insieme da un'altra cinghia, sono sollevate per circa trenta centimentri dal pavimento.Queste cinghie, strette a tal punto da impedire quasi lo scorrere del sangue nelle vene, mi bloccano ogni movimento.
Il locale in cui mi trovo è maledettamente silenzioso e, probabilmente, freddo.Dico probabilmente perchè la tensione che ho in corpo è tale da falsare ogni mia sensazione.
Sebbene completamente nudo, infatti, tutta la mia persona è ricoperta da gocce di sudore freddo, mentre internamente, il cuore che batte all'impazzata mi riscalda come un fuoco.
Tremo.Tremo a causa di una incomprensibile paura.
Ad un tratto avverto un leggerissimo fruscio.Fruscio di oscura provenienza e natura.
Il mio cuore si ferma di colpo poi riprende a battere come un tamburo impazzito.
Tendo le orecchie per percepire un altro suono in grado di spezzare quell'incredibile silenzio, ma solo il mio respiro affannoso rompe la quiete.
Sempre nudo e immobilizzato attendo un nuovo segnale.
Passano parecchi minuti, forse ore ma nessun rumore interrompe quella pace irreale.
Improvvisamente sento un sibilo provocato da un oggetto scagliato nel vuoto.
In preda ad un panico improvviso e misterioso mi irrigidisco completamente in attesa di un nuovo stimolo.
Il tremore precedente si trasforma in spasmi violenti trattenuti dalle cinghie che mi legano sempre più stretto.
Attendo un paio di minuti calato in un terrore ignoto.
Poi un nuovo sibilo accompagnato da un dolore lancinante alla schiena mi fa quasi svenire.
Sebbene il colpo sia stato violentissimo non risento particolarmente per il dolore, ma piuttosto per l'orrore a lungo paventato.
Immediatamente dopo la staffilata sento un'arrogante risata femminile.
-Ho voglia di divertirmi un pò, schiavo.
Nel buio mi immagino la mia Dea Dominatrice:una Donna perfetta, alta, snella, bellissima, superiore in tutto.
Il non poterLa vedere e quindi presagire le Sue mosse è angoscioso:l'attendere in un nero silenzio una frustata, una puntura, un ustione da sigaretta oppure una carezza o un bacio è una delle torture psicologiche più crudeli ed atroci.
Lei, la mia Dea, lo sa e sa anche sfruttare al meglio questa mia condizione di soggezione.
Un ticchettio lento ma insistente invade la stanza e infrange il silenzio.
Nella mia mente eccitata si forma nitidissima l'immagine delle Scarpe della mia Padrona i cui tacchi a spillo stanno producendo quell'inquietante battito.Mi sembra quasi di vederLe, nel buio, quelle lucidissime Scarpe in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo camminare ai Piedi della mia Dea, Scarpe che infinite volte mi sono dovuto chinare ad adorare.
Quell'assurdo rumore continua senza sosta a martellare il mio cervello.
Lo stress dell'attesa è durissimo:alcune volte l'arrivo del supplizio e della tortura permette di tirare un sospiro di sollievo liberandoti da quell'ansia incredibile, ma la maggior parte delle volte la punizione
fisica è tale da essere il naturale seguito di quella psicologica.
Nel medesimo istante in cui i tacchi smettono di battere un fischio mi annuncia l'inizio della prima sevizia:in meno di un minuto la mia schiena viene colpita da almeno una trentina di violentissime frustate prodotte da un gatto a nove code.
In base al bruciore posso immaginare le ferite lasciate dalla frusta nella mia carne:posso quasi vedere, oltre che sentire, i solchi sanguinanti che mi segnano orribilmente il dorso.
L'orrenda sofferenza quasi non mi fa udire la sadica risata della mia Dea.
Stringendo i denti dal dolore ricado nel più paranoico silenzio.
Passano alcuni minuti e non percepisco più alcun suono:il mio corpo, la mia mente, il mio coraggio sperano in una liberazione ma quando, inesorabilmente, sento qualcosa penetrarmi nella carne comprendo che non è finita.
Due spilli, o almeno credo che siano due spilli, mi hanno trafitto entrambi i capezzoli con una freddezza da chirurgo.Sebbene raccapricciante a vedersi questo supplizio non è particolarmente doloroso a parte il momento in cui gli spilli vengono conficcati nel corpo.
Di nuovo, poi, il silenzio.
Un urlo, improvvisamente, esce dalla mia gola:gli spilli hanno cominciato a emanare forti scariche elettriche che, implacabilmente, si propagano per tutto il mio corpo.
Ad ogni scarica rispondo con un sussulto ed uno spasmo di dolore.
Le scosse provocano l'irrigidimento e quindi lo strazio di tutti i miei muscoli che vanno incontro a fortissimi crampi.
Cinque, dieci, venti, trenta scariche mi riducono a uno straccio.
Distrutto, spero che la mia Dea voglia concedermi la grazia, ma le mie speranze vengono spazzate via da un ennesimo supplizio.
Sento infatti una fitta localizzata sul glande del mio pene:il bruciore si propaga sulla verga e sui testicoli facendomi gridare di dolore.
Dapprima non riesco a capire quello che sto subendo poi però comprendo cosa mi sta facendo la mia Padrona:con un accendino si diverte, sadica, a ustionarmi il mio organo sessuale.
Grido, grido come un forsennato, ma forse questo rende la mia Dea Dominatrice ancora più felice e crudele.Mentre esegue la disumana tortura La sento godere di piacere emettendo gemiti e sospiri di eccitazione.
Mi pare quasi di vederLa:intanto che mi tortura si massaggia con la mano la vulva in orgasmo.
Svengo per l'estrema sofferenza, ma, quando riesco a tornare in me scopro con orrore che la mia Padrona sta completando la Sua opera di distruzione fustigandomi senza pietà su tutto il corpo.
Le staffilate continuano per parecchio tempo ed infine io, pur cosciente, non sono più in grado di comprendere quello che mi sta accadendo.
Un rumore metallico di catene fatte scorrere in una carrucola mi indicano la fine di quel massacro.
Ricado violentemente a terra, libero dalle cinghie.
La benda che ho sugli occhi mi viene tolta e la luce che fulminea mi inonda le pupille quasi mi acceca.
Appena riesco a mettere a fuoco vedo la punta di una Scarpa in vernice nera, lucidissima.Scarpa che con remissione estrema comincio ad adorare.
Sono immerso nel buio più completo.Buio prodotto da una spessa benda nera che mi ricopre gli occhi.
Sono sospeso da terra, appeso per i polsi da due cinghie in cuoio;le mie caviglie, legate insieme da un'altra cinghia, sono sollevate per circa trenta centimentri dal pavimento.Queste cinghie, strette a tal punto da impedire quasi lo scorrere del sangue nelle vene, mi bloccano ogni movimento.
Il locale in cui mi trovo è maledettamente silenzioso e, probabilmente, freddo.Dico probabilmente perchè la tensione che ho in corpo è tale da falsare ogni mia sensazione.
Sebbene completamente nudo, infatti, tutta la mia persona è ricoperta da gocce di sudore freddo, mentre internamente, il cuore che batte all'impazzata mi riscalda come un fuoco.
Tremo.Tremo a causa di una incomprensibile paura.
Ad un tratto avverto un leggerissimo fruscio.Fruscio di oscura provenienza e natura.
Il mio cuore si ferma di colpo poi riprende a battere come un tamburo impazzito.
Tendo le orecchie per percepire un altro suono in grado di spezzare quell'incredibile silenzio, ma solo il mio respiro affannoso rompe la quiete.
Sempre nudo e immobilizzato attendo un nuovo segnale.
Passano parecchi minuti, forse ore ma nessun rumore interrompe quella pace irreale.
Improvvisamente sento un sibilo provocato da un oggetto scagliato nel vuoto.
In preda ad un panico improvviso e misterioso mi irrigidisco completamente in attesa di un nuovo stimolo.
Il tremore precedente si trasforma in spasmi violenti trattenuti dalle cinghie che mi legano sempre più stretto.
Attendo un paio di minuti calato in un terrore ignoto.
Poi un nuovo sibilo accompagnato da un dolore lancinante alla schiena mi fa quasi svenire.
Sebbene il colpo sia stato violentissimo non risento particolarmente per il dolore, ma piuttosto per l'orrore a lungo paventato.
Immediatamente dopo la staffilata sento un'arrogante risata femminile.
-Ho voglia di divertirmi un pò, schiavo.
Nel buio mi immagino la mia Dea Dominatrice:una Donna perfetta, alta, snella, bellissima, superiore in tutto.
Il non poterLa vedere e quindi presagire le Sue mosse è angoscioso:l'attendere in un nero silenzio una frustata, una puntura, un ustione da sigaretta oppure una carezza o un bacio è una delle torture psicologiche più crudeli ed atroci.
Lei, la mia Dea, lo sa e sa anche sfruttare al meglio questa mia condizione di soggezione.
Un ticchettio lento ma insistente invade la stanza e infrange il silenzio.
Nella mia mente eccitata si forma nitidissima l'immagine delle Scarpe della mia Padrona i cui tacchi a spillo stanno producendo quell'inquietante battito.Mi sembra quasi di vederLe, nel buio, quelle lucidissime Scarpe in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo camminare ai Piedi della mia Dea, Scarpe che infinite volte mi sono dovuto chinare ad adorare.
Quell'assurdo rumore continua senza sosta a martellare il mio cervello.
Lo stress dell'attesa è durissimo:alcune volte l'arrivo del supplizio e della tortura permette di tirare un sospiro di sollievo liberandoti da quell'ansia incredibile, ma la maggior parte delle volte la punizione
fisica è tale da essere il naturale seguito di quella psicologica.
Nel medesimo istante in cui i tacchi smettono di battere un fischio mi annuncia l'inizio della prima sevizia:in meno di un minuto la mia schiena viene colpita da almeno una trentina di violentissime frustate prodotte da un gatto a nove code.
In base al bruciore posso immaginare le ferite lasciate dalla frusta nella mia carne:posso quasi vedere, oltre che sentire, i solchi sanguinanti che mi segnano orribilmente il dorso.
L'orrenda sofferenza quasi non mi fa udire la sadica risata della mia Dea.
Stringendo i denti dal dolore ricado nel più paranoico silenzio.
Passano alcuni minuti e non percepisco più alcun suono:il mio corpo, la mia mente, il mio coraggio sperano in una liberazione ma quando, inesorabilmente, sento qualcosa penetrarmi nella carne comprendo che non è finita.
Due spilli, o almeno credo che siano due spilli, mi hanno trafitto entrambi i capezzoli con una freddezza da chirurgo.Sebbene raccapricciante a vedersi questo supplizio non è particolarmente doloroso a parte il momento in cui gli spilli vengono conficcati nel corpo.
Di nuovo, poi, il silenzio.
Un urlo, improvvisamente, esce dalla mia gola:gli spilli hanno cominciato a emanare forti scariche elettriche che, implacabilmente, si propagano per tutto il mio corpo.
Ad ogni scarica rispondo con un sussulto ed uno spasmo di dolore.
Le scosse provocano l'irrigidimento e quindi lo strazio di tutti i miei muscoli che vanno incontro a fortissimi crampi.
Cinque, dieci, venti, trenta scariche mi riducono a uno straccio.
Distrutto, spero che la mia Dea voglia concedermi la grazia, ma le mie speranze vengono spazzate via da un ennesimo supplizio.
Sento infatti una fitta localizzata sul glande del mio pene:il bruciore si propaga sulla verga e sui testicoli facendomi gridare di dolore.
Dapprima non riesco a capire quello che sto subendo poi però comprendo cosa mi sta facendo la mia Padrona:con un accendino si diverte, sadica, a ustionarmi il mio organo sessuale.
Grido, grido come un forsennato, ma forse questo rende la mia Dea Dominatrice ancora più felice e crudele.Mentre esegue la disumana tortura La sento godere di piacere emettendo gemiti e sospiri di eccitazione.
Mi pare quasi di vederLa:intanto che mi tortura si massaggia con la mano la vulva in orgasmo.
Svengo per l'estrema sofferenza, ma, quando riesco a tornare in me scopro con orrore che la mia Padrona sta completando la Sua opera di distruzione fustigandomi senza pietà su tutto il corpo.
Le staffilate continuano per parecchio tempo ed infine io, pur cosciente, non sono più in grado di comprendere quello che mi sta accadendo.
Un rumore metallico di catene fatte scorrere in una carrucola mi indicano la fine di quel massacro.
Ricado violentemente a terra, libero dalle cinghie.
La benda che ho sugli occhi mi viene tolta e la luce che fulminea mi inonda le pupille quasi mi acceca.
Appena riesco a mettere a fuoco vedo la punta di una Scarpa in vernice nera, lucidissima.Scarpa che con remissione estrema comincio ad adorare.
giovedì 5 febbraio 2009
Racconto FemDom/002
SCARPE DIVINE
La prima volta che vidi quelle strane Scarpe in una vetrina in un negozio del centro, Le osservai con un misto di indifferenza e perplessità.Erano un decolté in vernice nera coi tacchi altissimi e fini a spillo che, Mi immaginai, addosso a Me, che sono molto alta e snella come una fotomodella, sarebbero state piuttosto fuori luogo. Inoltre Le trovavo troppo appariscenti, sexy e, soprattutto, scomode.
Poi, passando e ripassando davanti a quella vetrina, decisi di entrare e Le acquistai.
Rientrata a casa posai la scatola nera e anonima in un angolo della Mia camera senza nemmeno aprirla e la lasciai lì per parecchi giorni.
Successivamente, durante un pomeriggio proprio quando stavo aspettando per la sera un giovane collega di lavoro con cui avrei dovuto scrivere delle lettere, notai la scatola nera e decisi di provare quelle strane Scarpe.
Ero vestita “da lavoro” e cioè con un elegante tailleur grigio scuro composto da giacca e minigonna e calze nere velatissime.
Mi sedetti su una poltrona nel Mio soggiorno e posai la scatola nera su un tavolino accanto a Me.Aprii la scatola e, lentamente, scostai la carta velina e Mi apparvero Le Scarpe, nere, lucidissime, elegantissime nella Loro forma ardita e sinuosa.
Percepii l’aroma forte del cuoio e della vernice e la cosa Mi diede un senso di piacere mai provato.
Le presi fra le mani e il Mio senso di piacere aumentò.Il Mio cuore cominciò a battere all’impazzata in preda a un’emozione mai provata.
Me Le infilai ai Piedi e il piacere e il godimento raggiunsero un tale livello che emisi un gemito di orgasmo.
Mai avrei pensato di provare queste sensazioni solo indossando un paio di Scarpe, eppure calzandoLe sentivo in Me salire emozioni di estremo piacere e, soprattutto, emozioni che non avevo mai provato di forza, di superiorità, di crudeltà.
Mi alzai in piedi e feci qualche passo.
Curiosamente sembrava che portassi quelle Scarpe da sempre:nessun impiccio, nessuna goffa andatura, anzi valorizzavano il Mio Corpo e il Mio portamento.
Mi guardai in un grande specchio che rifletteva completamente la Mia slanciata e alta figura.
Con quelle Scarpe stupende apparivo non solo bellissima ma, anche, altera, arrogante, dura, cattiva, sadica.
Annullando il Mio carattere di solito solare Mi ritrovai a pensare di dominare qualcuno, di affondare i tacchi altissimi a spillo di quelle Scarpe nel corpo nudo di un sottomesso, di distruggere psicologicamente e fisicamente un Mio schiavo fino a raggiungere un vero e proprio orgasmo sessuale.
Quelle erano le sensazioni e i desideri che Mi trasmettevano le Divine Scarpe che indossavo.
Quelle Scarpe Mi avevano trasformato in una vera Dea Dominatrice.
Feci ancora qualche passo e raggiunsi un mobile su cui erano posati un pacchetto di sigarette e un accendino metallico, presi una sigaretta, l’accesi, e tornai dinnanzi al grande specchio per vederMi mentre fumavo:ero bellissima con quell’espressione superba e altezzosa che, non solo il Mio Viso ma tutto il Mio Corpo, avevano assunto.
Improvvisamente suonò il campanello.Sul Mio Viso si disegnò uno sguardo stizzito. Chi osava disturbarMi?
Andai alla porta.
Era il Mio collega di lavoro, un giovane aitante e piuttosto belloccio, ultimo arrivato nel nostro ufficio.Più di qualche volta avevo nascosto, con una certa ammirevole comprensione, i suoi piccoli errori lavorativi.Ma adesso…
-Ciao, Ingrid.-esordì lui con uno stupido sorriso stampato in faccia.
Lo guardai sgattaiolarMi in casa con occhi carichi di cattiveria e lo colpii con un violento schiaffo sul volto con tutta la forza che possedevo senza comunque scomporre minimamente il Mio portamento Regale.
-Come ti sei potuto permettere di rivolgerti a Me con quel tono?-dissi con voce arrogante e decisa.-IO sono la tua Direttrice ed esigo la massima ubbidienza e rassegnazione.
Il giovane abbassò la testa incrociando per un istante le Mie Scarpe Divine mentre con una mano si proteggeva la guancia arrossata e gonfia per lo schiaffo subito.
Non azzardò nessun tipo di reazione né verbale né fisica.
La cosa Mi riempì di soddisfazione.
-SeguiMi.-dissi mostrandoMi seccata.
Mi andai a sedere sulla poltrona in soggiorno ed accavallai le Mie lunghe, splendide gambe mettendo in risalto le Scarpe Divine.
Lui rimase in piedi davanti a Me in silenzio e con gli occhi che fissavano il pavimento.
Mi accesi una sigaretta.Stavo scoprendo quanto poteva essere divertente dominare un uomo.
-Allora vuoi muoverti a prendere i fogli per gli appunti?-dissi con dura arroganza.-Non ho tutta la serata.
Lui scattò come una molla prendendo un blocco per appunti e una penna dalla borsa in pelle che si era trascinata dietro.
-Dove mi posso appoggiare?-disse il giovane sottomesso con una nocetta querula.
Allargai le braccia con un gesto teatrale.
-Ti devo proprio spiegare tutto?Mettiti qui, davanti a Me.
Indicai un punto sul pavimento, appena oltre le Mie Scarpe Divine.
Lui osservò il Mio dito puntare il gelido marmo con un’espressione inebetita.
-Mi… mi devo mettere… a scrivere sul pavimento?-balbettò flebilmente.
-Sì, in ginocchio.-risposi con un tono che non ammetteva repliche.
Lentamente il giovane si chinò a terra fino a che non fu disteso lungo e sdraiato di fronte a Me.
-Sei talmente stupido che non capisci quello che ti dico?-obbiettai spegnendo la sigaretta.-Ti ho ordinato di metterti in ginocchio:sei troppo comodo così.
Lui Mi lanciò un’occhiata carica di rispetto, Io quasi urlavo dal piacere di vedere un uomo ai Miei Piedi.
Senza fiatare si rannicchiò fino a trovarsi genuflesso davanti a Me:in quella posizione era davvero scomodo scrivere.
-Vieni più avanti, verso di Me.-ordinai.
Lui strisciò in silenzio venendosi a trovare a pochi centimetri dalle Scarpe Divine.
-Ancora.-insistetti inflessibile.
Si avvicinò talmente tanto che praticamente toccava le Mie Calzature solo osando alzare leggermente la testa.
Per oltre due ore lo costrinsi a scrivere una marea di inutili appunti.Sadicamente, ogni volta che tentava di alzare il capo, ricominciavo a dettare frasi insulse obbligandolo a restare chino sul suo blocco per appunti.
Già dopo un quarto d’ora che stava in quella scomodissima positura notai la sua estrema sofferenza:le sue gambe avrebbero voluto distendersi per permettere la circolazione del sangue ma Io, crudelmente, non gli concessi il minimo movimento fino a che i suoi arti doloranti dapprima cominciarono a tremare poi restarono immobili e rigidi come blocchi di marmo.Lui, dal canto suo, non osava ribellarsi al Mio durissimo strapotere.
-Va bene, basta.Sono stanca.-dissi infine.
Il Mio giovane sottomesso sentendo quelle parole credette di essere libero:solo Io sapevo quanto si sbagliava.
-Dammi i tuoi appunti.Voglio vedere che cosa hai scritto.-gli ordinai.
Lui prese il blocco e me lo allungò distendendo il suo inutile corpo per qualche istante:i suoi gemiti di dolore Mi fecero intuire quanto soffriva.Provai un immenso piacere nel vederlo star male ai Miei Piedi.
Presi i fogli che Mi porgeva, li posai sulle Mie gambe accavallate e Mi accesi una sigaretta mentre lui rimaneva immobile inginocchiato di fronte a Me.
Cominciai a leggere calmissima:non avevo nessuna fretta di far terminare quel sadico supplizio, anzi, desideravo farlo continuare ancora per parecchio tempo tanto era il godimento che Mi provocava.
Mentre leggevo notai che lui, probabilmente per alleviare la pena delle gambe anchilosate, aveva abbassato il petto alzando leggermente le natiche in modo da distendere, per quanto gli era possibile, gli arti inferiori.
Per qualche secondo trovai molto soddisfacente il fatto che egli non osasse reagire al Mio Potere alzandosi in piedi ma non potevo accettare che disubbidisse ai Miei Supremi ordini permettendosi di sciogliere la rigida positura che gli avevo imposto.
-Io non ti pago per stare a guardarMi.-dissi imperiosa e lui, come un cane bastonato, si riabbassò immediatamente.-PulisciMi le Scarpe!
Il giovane lanciò un’occhiata alle Mie Divine Calzature, poi si guardò intorno come se cercasse qualcosa.
-Dove posso trovare un panno per… -disse con una vocina flebile e tremante.
Scostai i fogli che stavo leggendo fissandolo dall’alto della Mia posizione.
-Come?-chiesi stizzita.
Lui Mi guardò con estremo terrore.
-Mi chiedevo come fare per lucidare le Sue elegantissime Scarpe, Direttrice.-disse con un filo di voce.
-Ti devo proprio insegnare tutto!-sbuffai indispettita.-Non hai forse un inutile lingua?Usala.
-Ma io… -osò ribattere il giovane.
-Prego?-risposi con un’aria sadicamente minacciosa.
Il ragazzo abbassò lo sguardo sul pavimento, poi lo rialzò osservando sconfortato le Mie Scarpe Divine in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo.Non disse nulla e si allungò sulla Calzatura tenuta sollevata dall’accavallamento delle gambe.Un istante dopo sentii la sua lingua leccare la tomaia lucidissima.Un orgasmo mi fece rabbrividire di piacere.
Mentre lui continuava in umile silenzio a leccarMi le Divine Scarpe Io feci finta di rimetterMi a leggere.In realtà godevo immensamente di quella situazione:la Mia vagina, totalmente dilatata per l’eccitazione, era umida di piacere, la Mia mente estasiata si immaginava crudeli, e divertenti, torture da infliggere al Mio schiavo per il Mio più lussurioso orgasmo.
Il Mio desiderio più grande, in quel momento, era di frustare, calpestare, torturare, umiliare, degradare, distruggere un uomo…
-Anche il tacco a spillo.-dissi arrogante.
Il giovane si chinò in avanti per lucidare con la sua ignobile lingua il tacco delle Mie Scarpe Divine anche perché Io non lo aiutavo minimamente nell’espletare quell’umiliante servizio.
Comunque, potei notare alzando la punta della Scarpa Divina che il Mio neo schiavo stava leccando senza curarMi che con quel gesto gli ficcavo violentemente il tacco altissimo a spillo in bocca, lui stava facendo un ottimo lavoro.
-Sei inutile anche come lecca-Scarpe!-esclamai, ovviamente.
Sciolsi l’accavallamento delle gambe e, per pochi secondi, allargai le cosce per vedere il comportamento del sottomesso.Lui, invece di sbirciarMi sotto la minigonna, abbassò gli occhi con un gesto carico di rispetto.
Ne fui veramente soddisfatta:il ragazzo appariva un eccellente schiavo.
-L’altra Scarpa.-ordinai riaccavallando le gambe.
Lui si chinò repentinamente sulla seconda Calzatura Divina.
Cominciai a chiederMi se quel giovane fosse già stato uno schiavo masochista e che quindi aveva sempre nascosto, in ufficio, la sua tendenza a essere sottomesso a una Dea Dominatrice come Me oppure se, quella sera, avevo domato un cavallo selvaggio utilizzando la Mia forza, la Mia superiorità, il Mio sadismo.
Preferii credere nella seconda ipotesi confermando il crudele sadismo che in quella serata si era impossessato di Me da quando avevo indossato le Scarpe Divine in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo.
Effettivamente, in meno di un minuto, la Mia vita era cambiata solo indossando quelle straordinarie Calzature.
Fino a poche ore prima ero solo una semplice Direttrice di un noioso ufficio di un’agenzia di assicurazioni adesso ero una Dea Dominatrice sadica e crudele.
Mentre ero immersa nei Miei pensieri notai che lo schiavo era inginocchiato immobile e con il capo chino.
-Perché hai smesso?-chiesi rabbiosa.
Lui non osò alzare la testa.
-Ho terminato, Direttrice.-rispose umilmente.
Effettivamente le Scarpe Divine erano lucidissime pur tenendo conto che erano perfettamente nuove.
Non avevo ancora deciso cosa fare con lo schiavo e la cosa Mi stizzì non poco.
-Non Mi hai pulito la suola.-dissi cattiva.
Per agevolargli il compito gli mostrai benevola la suola.
-Devo… leccarLa?-chiese flebile lui.
-Certo.Muoviti!-gridai rabbiosa.
Con estrema sottomissione lo schiavo iniziò a leccare la suola.La cosa Mi provocò un ulteriore orgasmo molto più forte del precedente.
Quando stavo per porgere la suola della seconda Scarpa Divina Mi venne una splendida idea per terminare la serata.L’idea Mi riempì d’orgoglio e sorrisi sadicamente.
Quando finalmente decisi di passare a un gioco più duro lo schiavo stava ancora leccando la suola della seconda Scarpa Divina.
Per farlo smettere gli diedi un calcio in faccia, leggero ma deciso.
-Basta adesso, Mi hai stancata, sei proprio inutile.-dissi.-Mettiti in ginocchio con il busto eretto.
Attesi che lo schiavo si posizionasse come gli avevo imposto:ci mise più del tempo necessario in quanto era chinato da troppo tempo e le gambe non gli rispondevano più.
Lo vidi alzarsi godendo della sua fatica e della sua sofferenza.
Quando fu in posizione gli ordinai senza mezzi termini di sfilarsi la camicia obbligandolo a restare a torso nudo.Devo ammettere che possedeva un fisico eccezionale:i muscoli del petto e dell’addome erano infatti perfettamente modellati come quelli di un culturista.
Uno schiavo nerboruto, quindi.Avrei avuto più compiacimento nel distruggerlo.
Gli passai una mano sul petto per saggiarne la forza.Presi, poi, la sua camicia e con un gesto secco la strappai in due ottenendo due stracci.
-Girati, spalle a Me.-ordinai.-E metti le braccia dietro la schiena.
Perplesso il giovane eseguì l’ordine.
Con uno dei due pezzi della camicia strappata gli legai i polsi in maniera molto stretta.
Quando fu legato tentò di divincolarsi ma non ci riuscì.
-Sdraiati sul pavimento con la schiena in basso.-dissi.
Totalmente sottomesso, sebbene un po’ titubante, si distese.Con l’altro straccio gli legai le caviglie immobilizzandolo completamente.
Guardai con soddisfazione il Mio operato.Mi accesi una sigaretta ed iniziai a girargli intorno lentamente.
Lui fissava il soffitto della stanza sudando freddo.
Mi immaginai il suo strazio nel sentirsi picchiare nel cervello il ticchettio ritmico ed angosciante dei tacchi a spillo delle Mie Scarpe Divine.
Ogni tanto lasciavo cadere la cenere della Mia sigaretta sul suo corpo nudo più che altro per degradarlo dato che la cenere giungeva su di lui praticamente fredda.
Quando però la sigaretta fu terminata gettai il mozzicone acceso sul suo petto e, sadicamente, appoggiai sopra una Scarpa Divina senza premere troppo ma facendo in modo da fargli percepire il maggior dolore possibile.
Il giovane schiavo rispose alla tortura contorcendosi e gridando senza però ottenere nulla.
Non volevo avere pietà di lui.
Dopo qualche secondo il giovane si ricompose restando immobile nella posizione in cui lo avevo obbligato a stare.
A parte i lamenti e i sussulti di dolore lui non azzardò nessuna reazione al Mio Potere e questo Mi riempì di superbia in quanto, con il suo comportamento, riconosceva la Mia forza e la Mia superiorità.
Ricominciai a passeggiare tranquillamente intorno a lui.
I suoi respiri affannosi e il suo corpo sudato e tremante Mi facevano capire quanto temesse il Mio sadismo e la cosa, inutile dirlo, Mi dava un immenso piacere.
Improvvisamente Mi fermai, proprio di fianco allo schiavo, e posai una delle Mie Scarpe Divine in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo sopra il suo torace, poi, con un movimento leggiadro ed elegante, feci leva sul suo umilissimo corpo e salii completamente sopra di lui appoggiando l’altra Scarpa Divina sul suo addome muscoloso.
La reazione del giovane al supplizio fu inutile quanto disperata:sebbene non fossi particolarmente pesante, il Mio Corpo Divino era alto e slanciato, cercavo di aumentare al massimo la sofferenza del Mio soggiogato utilizzando al meglio la Mia principale arma di sevizia, i Miei altissimi e affilatissimi tacchi a spillo, imprimendo sopra di Loro tutta la Mia forza e il Mio peso.Il risultato era che i Miei tacchi a spillo affondavano duramente nella carne dello schiavo mentre lui, dato che praticamente lo inchiodavo a terra, poteva solo urlare la sua pena estrema che era direttamente proporzionale al Mio godimento.
Restai in quella posizione per due o tre minuti, poi scesi dallo zerbino umano per valutare gli effetti del trattamento.
Due piccoli ma evidentissimi lividi bluastri apparivano sulla pelle rosea ed integra dello schiavo che, durante la tregua, aveva cominciato a respirare a pieni polmoni cosa che prima, con Me sopra di lui, non poteva fare.
-Ti è piaciuto?-chiesi con una nocetta arrogante.
-Basta, per pietà!-gridò lui con forza.
-Ho appena cominciato, verme.-dissi sadicamente.-Quando avrò finito il tuo inutile ed ignobile corpo sarà ricoperto di lividi e sangue.Tutto questo solo ed esclusivamente per il Mio piacere.
Non attesi di sentire l’urlo con cui, disperato ed angosciato, tentava di impietosirMi e risalii crudelmente sopra di lui facendo nuovamente affondare i Miei tacchi a spillo nel suo corpo.
Questa volta, però, non Mi limitai a stazionare sopra lo schiavo ma iniziai a saltellargli sopra con il risultato di conficcare più profondamente i tacchi altissimi a spillo nel suo corpo.Sottoposto a questo martirio brutale lui cominciò a piangere disperatamente divenendo paonazzo e gridando violentemente il suo tormento.
“Grida pure, bastardo.” Pensai sorridendo mentre continuavo a saltare sopra di lui “Godo nel sentirti morire.”
Dopo oltre mezz’ora di ballo sfrenato sul corpo del sottomesso decisi, ormai stanca, di scendere per valutare gli effetti del trattamento.
L’uomo continuava a singhiozzare sommessamente mentre dalle labbra biancastre gli usciva un rivolo di saliva bavosa.Il suo busto appariva martoriato dalla Mia crudeltà:la pelle era ricoperta di lividi rosso-bluastri, marchi prodotti dai tacchi altissimi a spillo e, in alcuni punti, il sangue fuoriusciva copiosamente andando a imbrattare il pavimento marmoreo.
-Molto bene.-dissi soddisfatta del Mio operato.
Mi sedetti sulla poltrona posta dinnanzi al corpo distrutto dello schiavo, accavallai le gambe tranquillissima e Mi concessi una sigaretta.Decisi di aspettare e slegare lo schiavo perché, seppur avessi goduto come mai prima nel massacrarlo, sentivo che mancava ancora qualcosa per raggiungere a pieno la Mia libidine sadica.
Pensai a quale altra tortura sottoporlo mentre gli gettavo la cenere della sigaretta sulle ferite aperte e sanguinanti.
Scoprii salire in Me il desiderio, naturale per una vera Dea Dominatrice sadica, di frustare il Mio schiavo ma Mi accorsi tristemente che, avendo notato solo in quella serata le Mie tendenze crudeli, non possedevo nessuna frusta.
Poi, improvvisamente, Mi venne un’idea straordinaria.
Mi alzai in piedi, Mi avvicinai allo schiavo e Mi chinai accanto a lui.
Senza la minima pietà spensi il mozzicone acceso della Mia sigaretta nell’ombelico nudo ed indifeso del sottomesso e restai chinata immobile ridendo dei sussulti del suo corpo straziato.
Dopo gli slacciai la cintura dei pantaloni e gliela sfilai con un gesto secco, quindi la piegai in due ed impugnai le due estremità.
“Ecco la Mia prima frusta.” Pensai mentre la facevo schioccare con forza in aria.
Guardai minacciosa lo schiavo con un sadico sorriso.
Lui capì immediatamente cosa l’aspettava tanto che cominciò a piagnucolare disperatamente.
-E’ inutile che fai tutti questi versi.-dissi calmissima.-Tanto Io ti frusto lo stesso.
Con fredda determinazione appoggiai una Scarpa Divina sulla testa dello schiavo, obbligandolo a piegarla verso il gelido pavimento, con la suola posata sulla tempia e il tacco altissimo a spillo che gli schiacciava fortemente una guancia andando a posarsi sulle arcate dentarie.
In quella posizione, con lui immobilizzato completamente, sembravo una Cacciatrice pronta a uccidere la Sua preda indifesa.E così Io Mi immaginavo di essere.
Totalmente priva di rimorso iniziai a colpire lo schiavo con la rudimentale frusta.
Decine e decine di frustate date con la massima forza che Mi era permessa.
Ogni staffilata lasciava sul corpo del sottomesso un nuovo livido che si aggiungeva agli altri centinaia prodotti dai Miei tacchi a spillo, inoltre, quasi ogni frustata apriva sulla pelle di lui, già duramente maciullata, una nuova, profonda ferita zampillante sangue.
Continuai con quello spietato martirio infierendo sullo schiavo finchè non fui stanca ridendo, ridendo, ridendo di piacere.
Poi lo slegai.
Altri meravigliosi orgasmi si susseguirono durante la sessione di fustigazione agevolati dal fatto che sentivo, con libidine, i mostruosi gemiti di sofferenza del Mio giovane schiavo.
Alla fine mi risedetti sulla poltrona, accavallando le gambe e accendendoMi una sigaretta, appagata da tutto il dolore che avevo inflitto.
Mi guardai le Scarpe, le Mie Scarpe Divine in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo che, con il Loro immenso Potere Mi avevano aperto gli occhi su una parte di Me che non conoscevo:il lato duro, crudele e sadico del Mio carattere che fino ad allora avevo nascosto ma che, da lì in poi, sarebbe stato parte integrante e fondamentale di Me.
Mentre ero immersa in quegli splendidi pensieri notai che lo schiavo, pur terribilmente distrutto, strisciava con ostinata determinazione verso di Me, lasciandosi dietro una scia di sangue.
Giunto davanti alle Mie Divine Calzature utilizzò l’ultimo guizzo di energia che gli restava per allungarsi a baciarLe, poi debolmente mormorò:
-Grazie, Direttrice.
Quindi svenne cadendoMi ai Piedi.
Vedendo quella scena e sentendo quelle parole arrivò, per Me, un ultimo, indimenticabile, orgasmo di piacere che Mi fece emettere un lungo, profondo gemito lussurioso.
La prima volta che vidi quelle strane Scarpe in una vetrina in un negozio del centro, Le osservai con un misto di indifferenza e perplessità.Erano un decolté in vernice nera coi tacchi altissimi e fini a spillo che, Mi immaginai, addosso a Me, che sono molto alta e snella come una fotomodella, sarebbero state piuttosto fuori luogo. Inoltre Le trovavo troppo appariscenti, sexy e, soprattutto, scomode.
Poi, passando e ripassando davanti a quella vetrina, decisi di entrare e Le acquistai.
Rientrata a casa posai la scatola nera e anonima in un angolo della Mia camera senza nemmeno aprirla e la lasciai lì per parecchi giorni.
Successivamente, durante un pomeriggio proprio quando stavo aspettando per la sera un giovane collega di lavoro con cui avrei dovuto scrivere delle lettere, notai la scatola nera e decisi di provare quelle strane Scarpe.
Ero vestita “da lavoro” e cioè con un elegante tailleur grigio scuro composto da giacca e minigonna e calze nere velatissime.
Mi sedetti su una poltrona nel Mio soggiorno e posai la scatola nera su un tavolino accanto a Me.Aprii la scatola e, lentamente, scostai la carta velina e Mi apparvero Le Scarpe, nere, lucidissime, elegantissime nella Loro forma ardita e sinuosa.
Percepii l’aroma forte del cuoio e della vernice e la cosa Mi diede un senso di piacere mai provato.
Le presi fra le mani e il Mio senso di piacere aumentò.Il Mio cuore cominciò a battere all’impazzata in preda a un’emozione mai provata.
Me Le infilai ai Piedi e il piacere e il godimento raggiunsero un tale livello che emisi un gemito di orgasmo.
Mai avrei pensato di provare queste sensazioni solo indossando un paio di Scarpe, eppure calzandoLe sentivo in Me salire emozioni di estremo piacere e, soprattutto, emozioni che non avevo mai provato di forza, di superiorità, di crudeltà.
Mi alzai in piedi e feci qualche passo.
Curiosamente sembrava che portassi quelle Scarpe da sempre:nessun impiccio, nessuna goffa andatura, anzi valorizzavano il Mio Corpo e il Mio portamento.
Mi guardai in un grande specchio che rifletteva completamente la Mia slanciata e alta figura.
Con quelle Scarpe stupende apparivo non solo bellissima ma, anche, altera, arrogante, dura, cattiva, sadica.
Annullando il Mio carattere di solito solare Mi ritrovai a pensare di dominare qualcuno, di affondare i tacchi altissimi a spillo di quelle Scarpe nel corpo nudo di un sottomesso, di distruggere psicologicamente e fisicamente un Mio schiavo fino a raggiungere un vero e proprio orgasmo sessuale.
Quelle erano le sensazioni e i desideri che Mi trasmettevano le Divine Scarpe che indossavo.
Quelle Scarpe Mi avevano trasformato in una vera Dea Dominatrice.
Feci ancora qualche passo e raggiunsi un mobile su cui erano posati un pacchetto di sigarette e un accendino metallico, presi una sigaretta, l’accesi, e tornai dinnanzi al grande specchio per vederMi mentre fumavo:ero bellissima con quell’espressione superba e altezzosa che, non solo il Mio Viso ma tutto il Mio Corpo, avevano assunto.
Improvvisamente suonò il campanello.Sul Mio Viso si disegnò uno sguardo stizzito. Chi osava disturbarMi?
Andai alla porta.
Era il Mio collega di lavoro, un giovane aitante e piuttosto belloccio, ultimo arrivato nel nostro ufficio.Più di qualche volta avevo nascosto, con una certa ammirevole comprensione, i suoi piccoli errori lavorativi.Ma adesso…
-Ciao, Ingrid.-esordì lui con uno stupido sorriso stampato in faccia.
Lo guardai sgattaiolarMi in casa con occhi carichi di cattiveria e lo colpii con un violento schiaffo sul volto con tutta la forza che possedevo senza comunque scomporre minimamente il Mio portamento Regale.
-Come ti sei potuto permettere di rivolgerti a Me con quel tono?-dissi con voce arrogante e decisa.-IO sono la tua Direttrice ed esigo la massima ubbidienza e rassegnazione.
Il giovane abbassò la testa incrociando per un istante le Mie Scarpe Divine mentre con una mano si proteggeva la guancia arrossata e gonfia per lo schiaffo subito.
Non azzardò nessun tipo di reazione né verbale né fisica.
La cosa Mi riempì di soddisfazione.
-SeguiMi.-dissi mostrandoMi seccata.
Mi andai a sedere sulla poltrona in soggiorno ed accavallai le Mie lunghe, splendide gambe mettendo in risalto le Scarpe Divine.
Lui rimase in piedi davanti a Me in silenzio e con gli occhi che fissavano il pavimento.
Mi accesi una sigaretta.Stavo scoprendo quanto poteva essere divertente dominare un uomo.
-Allora vuoi muoverti a prendere i fogli per gli appunti?-dissi con dura arroganza.-Non ho tutta la serata.
Lui scattò come una molla prendendo un blocco per appunti e una penna dalla borsa in pelle che si era trascinata dietro.
-Dove mi posso appoggiare?-disse il giovane sottomesso con una nocetta querula.
Allargai le braccia con un gesto teatrale.
-Ti devo proprio spiegare tutto?Mettiti qui, davanti a Me.
Indicai un punto sul pavimento, appena oltre le Mie Scarpe Divine.
Lui osservò il Mio dito puntare il gelido marmo con un’espressione inebetita.
-Mi… mi devo mettere… a scrivere sul pavimento?-balbettò flebilmente.
-Sì, in ginocchio.-risposi con un tono che non ammetteva repliche.
Lentamente il giovane si chinò a terra fino a che non fu disteso lungo e sdraiato di fronte a Me.
-Sei talmente stupido che non capisci quello che ti dico?-obbiettai spegnendo la sigaretta.-Ti ho ordinato di metterti in ginocchio:sei troppo comodo così.
Lui Mi lanciò un’occhiata carica di rispetto, Io quasi urlavo dal piacere di vedere un uomo ai Miei Piedi.
Senza fiatare si rannicchiò fino a trovarsi genuflesso davanti a Me:in quella posizione era davvero scomodo scrivere.
-Vieni più avanti, verso di Me.-ordinai.
Lui strisciò in silenzio venendosi a trovare a pochi centimetri dalle Scarpe Divine.
-Ancora.-insistetti inflessibile.
Si avvicinò talmente tanto che praticamente toccava le Mie Calzature solo osando alzare leggermente la testa.
Per oltre due ore lo costrinsi a scrivere una marea di inutili appunti.Sadicamente, ogni volta che tentava di alzare il capo, ricominciavo a dettare frasi insulse obbligandolo a restare chino sul suo blocco per appunti.
Già dopo un quarto d’ora che stava in quella scomodissima positura notai la sua estrema sofferenza:le sue gambe avrebbero voluto distendersi per permettere la circolazione del sangue ma Io, crudelmente, non gli concessi il minimo movimento fino a che i suoi arti doloranti dapprima cominciarono a tremare poi restarono immobili e rigidi come blocchi di marmo.Lui, dal canto suo, non osava ribellarsi al Mio durissimo strapotere.
-Va bene, basta.Sono stanca.-dissi infine.
Il Mio giovane sottomesso sentendo quelle parole credette di essere libero:solo Io sapevo quanto si sbagliava.
-Dammi i tuoi appunti.Voglio vedere che cosa hai scritto.-gli ordinai.
Lui prese il blocco e me lo allungò distendendo il suo inutile corpo per qualche istante:i suoi gemiti di dolore Mi fecero intuire quanto soffriva.Provai un immenso piacere nel vederlo star male ai Miei Piedi.
Presi i fogli che Mi porgeva, li posai sulle Mie gambe accavallate e Mi accesi una sigaretta mentre lui rimaneva immobile inginocchiato di fronte a Me.
Cominciai a leggere calmissima:non avevo nessuna fretta di far terminare quel sadico supplizio, anzi, desideravo farlo continuare ancora per parecchio tempo tanto era il godimento che Mi provocava.
Mentre leggevo notai che lui, probabilmente per alleviare la pena delle gambe anchilosate, aveva abbassato il petto alzando leggermente le natiche in modo da distendere, per quanto gli era possibile, gli arti inferiori.
Per qualche secondo trovai molto soddisfacente il fatto che egli non osasse reagire al Mio Potere alzandosi in piedi ma non potevo accettare che disubbidisse ai Miei Supremi ordini permettendosi di sciogliere la rigida positura che gli avevo imposto.
-Io non ti pago per stare a guardarMi.-dissi imperiosa e lui, come un cane bastonato, si riabbassò immediatamente.-PulisciMi le Scarpe!
Il giovane lanciò un’occhiata alle Mie Divine Calzature, poi si guardò intorno come se cercasse qualcosa.
-Dove posso trovare un panno per… -disse con una vocina flebile e tremante.
Scostai i fogli che stavo leggendo fissandolo dall’alto della Mia posizione.
-Come?-chiesi stizzita.
Lui Mi guardò con estremo terrore.
-Mi chiedevo come fare per lucidare le Sue elegantissime Scarpe, Direttrice.-disse con un filo di voce.
-Ti devo proprio insegnare tutto!-sbuffai indispettita.-Non hai forse un inutile lingua?Usala.
-Ma io… -osò ribattere il giovane.
-Prego?-risposi con un’aria sadicamente minacciosa.
Il ragazzo abbassò lo sguardo sul pavimento, poi lo rialzò osservando sconfortato le Mie Scarpe Divine in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo.Non disse nulla e si allungò sulla Calzatura tenuta sollevata dall’accavallamento delle gambe.Un istante dopo sentii la sua lingua leccare la tomaia lucidissima.Un orgasmo mi fece rabbrividire di piacere.
Mentre lui continuava in umile silenzio a leccarMi le Divine Scarpe Io feci finta di rimetterMi a leggere.In realtà godevo immensamente di quella situazione:la Mia vagina, totalmente dilatata per l’eccitazione, era umida di piacere, la Mia mente estasiata si immaginava crudeli, e divertenti, torture da infliggere al Mio schiavo per il Mio più lussurioso orgasmo.
Il Mio desiderio più grande, in quel momento, era di frustare, calpestare, torturare, umiliare, degradare, distruggere un uomo…
-Anche il tacco a spillo.-dissi arrogante.
Il giovane si chinò in avanti per lucidare con la sua ignobile lingua il tacco delle Mie Scarpe Divine anche perché Io non lo aiutavo minimamente nell’espletare quell’umiliante servizio.
Comunque, potei notare alzando la punta della Scarpa Divina che il Mio neo schiavo stava leccando senza curarMi che con quel gesto gli ficcavo violentemente il tacco altissimo a spillo in bocca, lui stava facendo un ottimo lavoro.
-Sei inutile anche come lecca-Scarpe!-esclamai, ovviamente.
Sciolsi l’accavallamento delle gambe e, per pochi secondi, allargai le cosce per vedere il comportamento del sottomesso.Lui, invece di sbirciarMi sotto la minigonna, abbassò gli occhi con un gesto carico di rispetto.
Ne fui veramente soddisfatta:il ragazzo appariva un eccellente schiavo.
-L’altra Scarpa.-ordinai riaccavallando le gambe.
Lui si chinò repentinamente sulla seconda Calzatura Divina.
Cominciai a chiederMi se quel giovane fosse già stato uno schiavo masochista e che quindi aveva sempre nascosto, in ufficio, la sua tendenza a essere sottomesso a una Dea Dominatrice come Me oppure se, quella sera, avevo domato un cavallo selvaggio utilizzando la Mia forza, la Mia superiorità, il Mio sadismo.
Preferii credere nella seconda ipotesi confermando il crudele sadismo che in quella serata si era impossessato di Me da quando avevo indossato le Scarpe Divine in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo.
Effettivamente, in meno di un minuto, la Mia vita era cambiata solo indossando quelle straordinarie Calzature.
Fino a poche ore prima ero solo una semplice Direttrice di un noioso ufficio di un’agenzia di assicurazioni adesso ero una Dea Dominatrice sadica e crudele.
Mentre ero immersa nei Miei pensieri notai che lo schiavo era inginocchiato immobile e con il capo chino.
-Perché hai smesso?-chiesi rabbiosa.
Lui non osò alzare la testa.
-Ho terminato, Direttrice.-rispose umilmente.
Effettivamente le Scarpe Divine erano lucidissime pur tenendo conto che erano perfettamente nuove.
Non avevo ancora deciso cosa fare con lo schiavo e la cosa Mi stizzì non poco.
-Non Mi hai pulito la suola.-dissi cattiva.
Per agevolargli il compito gli mostrai benevola la suola.
-Devo… leccarLa?-chiese flebile lui.
-Certo.Muoviti!-gridai rabbiosa.
Con estrema sottomissione lo schiavo iniziò a leccare la suola.La cosa Mi provocò un ulteriore orgasmo molto più forte del precedente.
Quando stavo per porgere la suola della seconda Scarpa Divina Mi venne una splendida idea per terminare la serata.L’idea Mi riempì d’orgoglio e sorrisi sadicamente.
Quando finalmente decisi di passare a un gioco più duro lo schiavo stava ancora leccando la suola della seconda Scarpa Divina.
Per farlo smettere gli diedi un calcio in faccia, leggero ma deciso.
-Basta adesso, Mi hai stancata, sei proprio inutile.-dissi.-Mettiti in ginocchio con il busto eretto.
Attesi che lo schiavo si posizionasse come gli avevo imposto:ci mise più del tempo necessario in quanto era chinato da troppo tempo e le gambe non gli rispondevano più.
Lo vidi alzarsi godendo della sua fatica e della sua sofferenza.
Quando fu in posizione gli ordinai senza mezzi termini di sfilarsi la camicia obbligandolo a restare a torso nudo.Devo ammettere che possedeva un fisico eccezionale:i muscoli del petto e dell’addome erano infatti perfettamente modellati come quelli di un culturista.
Uno schiavo nerboruto, quindi.Avrei avuto più compiacimento nel distruggerlo.
Gli passai una mano sul petto per saggiarne la forza.Presi, poi, la sua camicia e con un gesto secco la strappai in due ottenendo due stracci.
-Girati, spalle a Me.-ordinai.-E metti le braccia dietro la schiena.
Perplesso il giovane eseguì l’ordine.
Con uno dei due pezzi della camicia strappata gli legai i polsi in maniera molto stretta.
Quando fu legato tentò di divincolarsi ma non ci riuscì.
-Sdraiati sul pavimento con la schiena in basso.-dissi.
Totalmente sottomesso, sebbene un po’ titubante, si distese.Con l’altro straccio gli legai le caviglie immobilizzandolo completamente.
Guardai con soddisfazione il Mio operato.Mi accesi una sigaretta ed iniziai a girargli intorno lentamente.
Lui fissava il soffitto della stanza sudando freddo.
Mi immaginai il suo strazio nel sentirsi picchiare nel cervello il ticchettio ritmico ed angosciante dei tacchi a spillo delle Mie Scarpe Divine.
Ogni tanto lasciavo cadere la cenere della Mia sigaretta sul suo corpo nudo più che altro per degradarlo dato che la cenere giungeva su di lui praticamente fredda.
Quando però la sigaretta fu terminata gettai il mozzicone acceso sul suo petto e, sadicamente, appoggiai sopra una Scarpa Divina senza premere troppo ma facendo in modo da fargli percepire il maggior dolore possibile.
Il giovane schiavo rispose alla tortura contorcendosi e gridando senza però ottenere nulla.
Non volevo avere pietà di lui.
Dopo qualche secondo il giovane si ricompose restando immobile nella posizione in cui lo avevo obbligato a stare.
A parte i lamenti e i sussulti di dolore lui non azzardò nessuna reazione al Mio Potere e questo Mi riempì di superbia in quanto, con il suo comportamento, riconosceva la Mia forza e la Mia superiorità.
Ricominciai a passeggiare tranquillamente intorno a lui.
I suoi respiri affannosi e il suo corpo sudato e tremante Mi facevano capire quanto temesse il Mio sadismo e la cosa, inutile dirlo, Mi dava un immenso piacere.
Improvvisamente Mi fermai, proprio di fianco allo schiavo, e posai una delle Mie Scarpe Divine in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo sopra il suo torace, poi, con un movimento leggiadro ed elegante, feci leva sul suo umilissimo corpo e salii completamente sopra di lui appoggiando l’altra Scarpa Divina sul suo addome muscoloso.
La reazione del giovane al supplizio fu inutile quanto disperata:sebbene non fossi particolarmente pesante, il Mio Corpo Divino era alto e slanciato, cercavo di aumentare al massimo la sofferenza del Mio soggiogato utilizzando al meglio la Mia principale arma di sevizia, i Miei altissimi e affilatissimi tacchi a spillo, imprimendo sopra di Loro tutta la Mia forza e il Mio peso.Il risultato era che i Miei tacchi a spillo affondavano duramente nella carne dello schiavo mentre lui, dato che praticamente lo inchiodavo a terra, poteva solo urlare la sua pena estrema che era direttamente proporzionale al Mio godimento.
Restai in quella posizione per due o tre minuti, poi scesi dallo zerbino umano per valutare gli effetti del trattamento.
Due piccoli ma evidentissimi lividi bluastri apparivano sulla pelle rosea ed integra dello schiavo che, durante la tregua, aveva cominciato a respirare a pieni polmoni cosa che prima, con Me sopra di lui, non poteva fare.
-Ti è piaciuto?-chiesi con una nocetta arrogante.
-Basta, per pietà!-gridò lui con forza.
-Ho appena cominciato, verme.-dissi sadicamente.-Quando avrò finito il tuo inutile ed ignobile corpo sarà ricoperto di lividi e sangue.Tutto questo solo ed esclusivamente per il Mio piacere.
Non attesi di sentire l’urlo con cui, disperato ed angosciato, tentava di impietosirMi e risalii crudelmente sopra di lui facendo nuovamente affondare i Miei tacchi a spillo nel suo corpo.
Questa volta, però, non Mi limitai a stazionare sopra lo schiavo ma iniziai a saltellargli sopra con il risultato di conficcare più profondamente i tacchi altissimi a spillo nel suo corpo.Sottoposto a questo martirio brutale lui cominciò a piangere disperatamente divenendo paonazzo e gridando violentemente il suo tormento.
“Grida pure, bastardo.” Pensai sorridendo mentre continuavo a saltare sopra di lui “Godo nel sentirti morire.”
Dopo oltre mezz’ora di ballo sfrenato sul corpo del sottomesso decisi, ormai stanca, di scendere per valutare gli effetti del trattamento.
L’uomo continuava a singhiozzare sommessamente mentre dalle labbra biancastre gli usciva un rivolo di saliva bavosa.Il suo busto appariva martoriato dalla Mia crudeltà:la pelle era ricoperta di lividi rosso-bluastri, marchi prodotti dai tacchi altissimi a spillo e, in alcuni punti, il sangue fuoriusciva copiosamente andando a imbrattare il pavimento marmoreo.
-Molto bene.-dissi soddisfatta del Mio operato.
Mi sedetti sulla poltrona posta dinnanzi al corpo distrutto dello schiavo, accavallai le gambe tranquillissima e Mi concessi una sigaretta.Decisi di aspettare e slegare lo schiavo perché, seppur avessi goduto come mai prima nel massacrarlo, sentivo che mancava ancora qualcosa per raggiungere a pieno la Mia libidine sadica.
Pensai a quale altra tortura sottoporlo mentre gli gettavo la cenere della sigaretta sulle ferite aperte e sanguinanti.
Scoprii salire in Me il desiderio, naturale per una vera Dea Dominatrice sadica, di frustare il Mio schiavo ma Mi accorsi tristemente che, avendo notato solo in quella serata le Mie tendenze crudeli, non possedevo nessuna frusta.
Poi, improvvisamente, Mi venne un’idea straordinaria.
Mi alzai in piedi, Mi avvicinai allo schiavo e Mi chinai accanto a lui.
Senza la minima pietà spensi il mozzicone acceso della Mia sigaretta nell’ombelico nudo ed indifeso del sottomesso e restai chinata immobile ridendo dei sussulti del suo corpo straziato.
Dopo gli slacciai la cintura dei pantaloni e gliela sfilai con un gesto secco, quindi la piegai in due ed impugnai le due estremità.
“Ecco la Mia prima frusta.” Pensai mentre la facevo schioccare con forza in aria.
Guardai minacciosa lo schiavo con un sadico sorriso.
Lui capì immediatamente cosa l’aspettava tanto che cominciò a piagnucolare disperatamente.
-E’ inutile che fai tutti questi versi.-dissi calmissima.-Tanto Io ti frusto lo stesso.
Con fredda determinazione appoggiai una Scarpa Divina sulla testa dello schiavo, obbligandolo a piegarla verso il gelido pavimento, con la suola posata sulla tempia e il tacco altissimo a spillo che gli schiacciava fortemente una guancia andando a posarsi sulle arcate dentarie.
In quella posizione, con lui immobilizzato completamente, sembravo una Cacciatrice pronta a uccidere la Sua preda indifesa.E così Io Mi immaginavo di essere.
Totalmente priva di rimorso iniziai a colpire lo schiavo con la rudimentale frusta.
Decine e decine di frustate date con la massima forza che Mi era permessa.
Ogni staffilata lasciava sul corpo del sottomesso un nuovo livido che si aggiungeva agli altri centinaia prodotti dai Miei tacchi a spillo, inoltre, quasi ogni frustata apriva sulla pelle di lui, già duramente maciullata, una nuova, profonda ferita zampillante sangue.
Continuai con quello spietato martirio infierendo sullo schiavo finchè non fui stanca ridendo, ridendo, ridendo di piacere.
Poi lo slegai.
Altri meravigliosi orgasmi si susseguirono durante la sessione di fustigazione agevolati dal fatto che sentivo, con libidine, i mostruosi gemiti di sofferenza del Mio giovane schiavo.
Alla fine mi risedetti sulla poltrona, accavallando le gambe e accendendoMi una sigaretta, appagata da tutto il dolore che avevo inflitto.
Mi guardai le Scarpe, le Mie Scarpe Divine in vernice nera coi tacchi altissimi a spillo che, con il Loro immenso Potere Mi avevano aperto gli occhi su una parte di Me che non conoscevo:il lato duro, crudele e sadico del Mio carattere che fino ad allora avevo nascosto ma che, da lì in poi, sarebbe stato parte integrante e fondamentale di Me.
Mentre ero immersa in quegli splendidi pensieri notai che lo schiavo, pur terribilmente distrutto, strisciava con ostinata determinazione verso di Me, lasciandosi dietro una scia di sangue.
Giunto davanti alle Mie Divine Calzature utilizzò l’ultimo guizzo di energia che gli restava per allungarsi a baciarLe, poi debolmente mormorò:
-Grazie, Direttrice.
Quindi svenne cadendoMi ai Piedi.
Vedendo quella scena e sentendo quelle parole arrivò, per Me, un ultimo, indimenticabile, orgasmo di piacere che Mi fece emettere un lungo, profondo gemito lussurioso.
Racconto FemDom/001
UN UOMO INUTILE
E' sabato sera.L'ultimo sabato del mese.Lentamente trascino il mio corpo stanco su per la rampa di scale che conduce all'appartamento.In mano stringo la busta contenente il mio stipendio di umile operaio.
Entrando nell'appartamento percepisco immediatamente un profumo forte e speziato, ma, dalle stanze, non giunge alcun rumore:nessuno sembra essere presente.
Poso la busta col denaro sul tavolo della cucina e, seguendo un ormai solito clichè, mi reco in bagno per spogliarmi dei miei sudici vestiti e per guardare nello specchio l'immagine di un uomo inutile.
Completamente nudo e scalzo ritorno nella cucina:la busta del mio stipendio è scomparsa dal tavolo.
Comprendo con dolore che è giunta la mia ora.Mi inginocchio a terra e, a testa china, mi avvio a gattoni verso la porta della camera da letto.L'uscio è socchiuso ed io, esitando per un attimo, lo apro con un movimento del capo.
-BaciaMi le Scarpe, schiavo!-mi sento ordinare da una voce femminile fredda ed arrogante.
Rapidamente, e sempre a capo chino, mi avvicino al letto da dove proveniva la voce.
Mi trovo davanti a una Scarpa da Donna in vernice nera col tacco altissimo a spillo.La punta è così lucida che posso specchiarmici dentro.
Immediatamente inizio a baciare la Scarpa con fervore estatico.Continuo per alcuni minuti tra le risatine divertite della mia Dea.
Ad un tratto, però, la Sua voce arrogante mi richiama:
-Bacia anche l'altra Scarpa, schiavo!
Senza fiatare alzo il capo del tanto che basta per posare le mie labbra sulla seconda Scarpa tenuta sollevata dall'accavallamento delle gambe.
-Lecca bene anche la suola, schiavo!E' sporca!
Obbedisco istantaneamente alla disposizione della mia Padrona e inizio a leccare la suola in cuoio resa ruvida dall'uso.Dopo poco tempo la bocca mi si riempie di un sapore ributtante.
Continuo per alcuni minuti in cui devo lottare contro i conati di vomito.
-Adesso basta, mi fai schifo, schiavo di merda!
Smetto repentinamente e riabbasso il capo a terra.
-Alzati in piedi, schiavo!
Obbedisco alla richiesta della mia Dea e mi alzo in piedi.
Sebbene persista a mantenere la testa china ora posso vederLa completamente.La mia Padrona, una Donna bionda, alta, snella, formosa e superbamente sensuale siede a gambe accavallate sul letto.
Indossa solamente una guepiere di pizzo nero munita di reggicalze e un paio di calze nere velate, oltre, naturalmente alle Scarpe in vernice nera.Tra le esili e curate dita della mano destra tiene una sigaretta accesa.Accanto a Lei, sul letto, si trova la mia busta paga.
-Schiavo di merda!-mi dice con tono sadico.
In quel momento mi accorgo che, di fianco a Lei si trova anche una frusta di striscie di pelle con cui, parecchie volte, ha infierito sulla mia schiena.La mia spina dorsale viene attraversata da un brivido freddo.
-Mettiti in posizione, schiavo!
Conosco bene quell'ordine, alla mia sinistra si trova un'impalcatura da cui spuntano quattro legacci in cuoio, uno per ogni articolazione degli arti inferiori e superiori, caviglie e polsi.
Da solo stringo le cinghie alle caviglie, poi attendo la mia Dea.
Lei mi osserva arrogante, e, di scatto, si alza in piedi.
I miei occhi incrociano per un attimo il Suo volto bellissimo e luminoso, ma rapidamente abbasso la vista.
La mia Dea si avvicina lentamente a me continuando ad aspirare piccole boccate di fumo.I Suoi altissimi tacchi a spillo, battendo sul pavimento, provocano un rumore che mi mette addosso una paura primordiale.
Con calma incredibile mi lega i polsi mantenendomi le braccia allargate sopra le spalle.Ora sono completamente immobilizzato e in Suo potere.
-Benissimo.-sussurra piano.
Mi passa una mano sul torace nudo e, subito dopo, spegna la Sua sigaretta poco sopra il mio ombelico.
Lancio un urlo per il dolore, ma immediatamente mi ricompongo, soprattutto per non offenderLa con le mie lagnanze.
La sento ridere, ridere di piacere.
Ritornata in sé prende due mollette metalliche a scatto e me le stringe sui capezzoli.Le mollette, dentate, affondano nella mia carne.
Grido di nuovo e tento di liberarmi, ma è tutto inutile:i legacci potrebbero tener fermo un toro.
La sento ancora ridere di piacere, ma so che non è ancora soddisfatta.
Si riavvicina al mio corpo e attacca due grossi pesi alle due mollette che straziano i capezzoli.
Il dolore, lancinante, mi fa sussultare.
-Pietà, pietà!-provo a implorare, sapendo però che non ne otterrò.
La mia Dea, infatti, torna alla carica con una sottile candela accesa nella mano destra;con la mano sinistra impugna il mio pene e comincia a versare sul glande scoperto goccie di cera bollente.
Urlo nuovamente e, inutilmente, Le chiedo di smettere.
-Smettere?-mi risponde dolce come una fanciulla.-Proprio adesso che inizio a divertirMi sul serio, schiavo?
Posata la candela La vedo venire dinnanzi a me con una benda nera che mi lega sugli occhi:ora non posso più nemmeno vedere.
La mia Dea inizia a girarmi intorno e il fatto di sentire i Suoi tacchi a spillo battere ritmicamente sul parquet senza poterLa controllare visivamente è straziante.Questa tortura psicologica a volte è peggiore di quelle fisiche per lo stato di angoscia che trasmette.
Ad un tratto il ticchettare dei tacchi cessa ed io sento che la mia Padrona comincia a passarmi qualcosa sulla pelle di tutto il corpo.Dapprima la sensazione è di piacere ma successivamente comprendo con orrore che cosa mi sta massaggiando sull'epidermide:ortiche!
Mi sta frizionando la pelle con frasche di ortiche fresche!
La mia cute si riempie di pustole doloranti ed io reagisco alla tremenda tortura con inutili spasmi.
Nella confusione sento indistintamente la mia Dea ridere, ridere, ridere.
Dopo avermi ripassato tutto il corpo compresi gli angoli più nascosti come testicoli, ano e ascelle, finalmente, smette, ed io La supllico ancora di liberarmi.
-No,-mi risponde sadica.-E' ancora troppo presto, schiavo.
Ora il mio corpo, ricoperto di pustole e sangue, chiede una tregua.
E' tutto inutile:la mia Dea inizia a infierire sulla mia schiena con decine e decine di tremende frustate.
Svengo in preda ad un dolore immenso, ma, quando dopo non so quanto tempo riprendo i sensi, Lei ancora fustiga il mio corpo distrutto.
-Per ora può bastare, schiavo.-dice, infine, massaggiandosi il polso.
Mi toglie le mollette e i pesi, quindi mi slega le caviglie e i polsi.
Cado a terra stremato ma, quando riapro gli occhi, vedo la punta di una Scarpa da Donna in vernice nera col tacco altissimo a spillo che, con remissione profonda mi accingo ad adorare.
E' sabato sera.L'ultimo sabato del mese.Lentamente trascino il mio corpo stanco su per la rampa di scale che conduce all'appartamento.In mano stringo la busta contenente il mio stipendio di umile operaio.
Entrando nell'appartamento percepisco immediatamente un profumo forte e speziato, ma, dalle stanze, non giunge alcun rumore:nessuno sembra essere presente.
Poso la busta col denaro sul tavolo della cucina e, seguendo un ormai solito clichè, mi reco in bagno per spogliarmi dei miei sudici vestiti e per guardare nello specchio l'immagine di un uomo inutile.
Completamente nudo e scalzo ritorno nella cucina:la busta del mio stipendio è scomparsa dal tavolo.
Comprendo con dolore che è giunta la mia ora.Mi inginocchio a terra e, a testa china, mi avvio a gattoni verso la porta della camera da letto.L'uscio è socchiuso ed io, esitando per un attimo, lo apro con un movimento del capo.
-BaciaMi le Scarpe, schiavo!-mi sento ordinare da una voce femminile fredda ed arrogante.
Rapidamente, e sempre a capo chino, mi avvicino al letto da dove proveniva la voce.
Mi trovo davanti a una Scarpa da Donna in vernice nera col tacco altissimo a spillo.La punta è così lucida che posso specchiarmici dentro.
Immediatamente inizio a baciare la Scarpa con fervore estatico.Continuo per alcuni minuti tra le risatine divertite della mia Dea.
Ad un tratto, però, la Sua voce arrogante mi richiama:
-Bacia anche l'altra Scarpa, schiavo!
Senza fiatare alzo il capo del tanto che basta per posare le mie labbra sulla seconda Scarpa tenuta sollevata dall'accavallamento delle gambe.
-Lecca bene anche la suola, schiavo!E' sporca!
Obbedisco istantaneamente alla disposizione della mia Padrona e inizio a leccare la suola in cuoio resa ruvida dall'uso.Dopo poco tempo la bocca mi si riempie di un sapore ributtante.
Continuo per alcuni minuti in cui devo lottare contro i conati di vomito.
-Adesso basta, mi fai schifo, schiavo di merda!
Smetto repentinamente e riabbasso il capo a terra.
-Alzati in piedi, schiavo!
Obbedisco alla richiesta della mia Dea e mi alzo in piedi.
Sebbene persista a mantenere la testa china ora posso vederLa completamente.La mia Padrona, una Donna bionda, alta, snella, formosa e superbamente sensuale siede a gambe accavallate sul letto.
Indossa solamente una guepiere di pizzo nero munita di reggicalze e un paio di calze nere velate, oltre, naturalmente alle Scarpe in vernice nera.Tra le esili e curate dita della mano destra tiene una sigaretta accesa.Accanto a Lei, sul letto, si trova la mia busta paga.
-Schiavo di merda!-mi dice con tono sadico.
In quel momento mi accorgo che, di fianco a Lei si trova anche una frusta di striscie di pelle con cui, parecchie volte, ha infierito sulla mia schiena.La mia spina dorsale viene attraversata da un brivido freddo.
-Mettiti in posizione, schiavo!
Conosco bene quell'ordine, alla mia sinistra si trova un'impalcatura da cui spuntano quattro legacci in cuoio, uno per ogni articolazione degli arti inferiori e superiori, caviglie e polsi.
Da solo stringo le cinghie alle caviglie, poi attendo la mia Dea.
Lei mi osserva arrogante, e, di scatto, si alza in piedi.
I miei occhi incrociano per un attimo il Suo volto bellissimo e luminoso, ma rapidamente abbasso la vista.
La mia Dea si avvicina lentamente a me continuando ad aspirare piccole boccate di fumo.I Suoi altissimi tacchi a spillo, battendo sul pavimento, provocano un rumore che mi mette addosso una paura primordiale.
Con calma incredibile mi lega i polsi mantenendomi le braccia allargate sopra le spalle.Ora sono completamente immobilizzato e in Suo potere.
-Benissimo.-sussurra piano.
Mi passa una mano sul torace nudo e, subito dopo, spegna la Sua sigaretta poco sopra il mio ombelico.
Lancio un urlo per il dolore, ma immediatamente mi ricompongo, soprattutto per non offenderLa con le mie lagnanze.
La sento ridere, ridere di piacere.
Ritornata in sé prende due mollette metalliche a scatto e me le stringe sui capezzoli.Le mollette, dentate, affondano nella mia carne.
Grido di nuovo e tento di liberarmi, ma è tutto inutile:i legacci potrebbero tener fermo un toro.
La sento ancora ridere di piacere, ma so che non è ancora soddisfatta.
Si riavvicina al mio corpo e attacca due grossi pesi alle due mollette che straziano i capezzoli.
Il dolore, lancinante, mi fa sussultare.
-Pietà, pietà!-provo a implorare, sapendo però che non ne otterrò.
La mia Dea, infatti, torna alla carica con una sottile candela accesa nella mano destra;con la mano sinistra impugna il mio pene e comincia a versare sul glande scoperto goccie di cera bollente.
Urlo nuovamente e, inutilmente, Le chiedo di smettere.
-Smettere?-mi risponde dolce come una fanciulla.-Proprio adesso che inizio a divertirMi sul serio, schiavo?
Posata la candela La vedo venire dinnanzi a me con una benda nera che mi lega sugli occhi:ora non posso più nemmeno vedere.
La mia Dea inizia a girarmi intorno e il fatto di sentire i Suoi tacchi a spillo battere ritmicamente sul parquet senza poterLa controllare visivamente è straziante.Questa tortura psicologica a volte è peggiore di quelle fisiche per lo stato di angoscia che trasmette.
Ad un tratto il ticchettare dei tacchi cessa ed io sento che la mia Padrona comincia a passarmi qualcosa sulla pelle di tutto il corpo.Dapprima la sensazione è di piacere ma successivamente comprendo con orrore che cosa mi sta massaggiando sull'epidermide:ortiche!
Mi sta frizionando la pelle con frasche di ortiche fresche!
La mia cute si riempie di pustole doloranti ed io reagisco alla tremenda tortura con inutili spasmi.
Nella confusione sento indistintamente la mia Dea ridere, ridere, ridere.
Dopo avermi ripassato tutto il corpo compresi gli angoli più nascosti come testicoli, ano e ascelle, finalmente, smette, ed io La supllico ancora di liberarmi.
-No,-mi risponde sadica.-E' ancora troppo presto, schiavo.
Ora il mio corpo, ricoperto di pustole e sangue, chiede una tregua.
E' tutto inutile:la mia Dea inizia a infierire sulla mia schiena con decine e decine di tremende frustate.
Svengo in preda ad un dolore immenso, ma, quando dopo non so quanto tempo riprendo i sensi, Lei ancora fustiga il mio corpo distrutto.
-Per ora può bastare, schiavo.-dice, infine, massaggiandosi il polso.
Mi toglie le mollette e i pesi, quindi mi slega le caviglie e i polsi.
Cado a terra stremato ma, quando riapro gli occhi, vedo la punta di una Scarpa da Donna in vernice nera col tacco altissimo a spillo che, con remissione profonda mi accingo ad adorare.
Presentazione...
Benvenuti a tutti!
Sono slave22575 e, come molti avranno capito dal mio nickname, sono uno schiavo amante della Dominazione Femminile (ovvero il FemDom).
Ormai da parecchi anni mi diletto a collezionare immagini, video, clips a sfondo FemDom e a tutt'oggi ho archiviato quasi 4000 file.Inoltre mi piace descrivere (calcando un pò la mano, lo ammetto, ma neanche troppo...) quelle che sono le mie fantasie di sottomissione in alcuni racconti.
In questo Blog mi piacerebbe scambiare pareri, immagini, racconti, esperienze vissute con altri amanti del FemDom.
Sono slave22575 e, come molti avranno capito dal mio nickname, sono uno schiavo amante della Dominazione Femminile (ovvero il FemDom).
Ormai da parecchi anni mi diletto a collezionare immagini, video, clips a sfondo FemDom e a tutt'oggi ho archiviato quasi 4000 file.Inoltre mi piace descrivere (calcando un pò la mano, lo ammetto, ma neanche troppo...) quelle che sono le mie fantasie di sottomissione in alcuni racconti.
In questo Blog mi piacerebbe scambiare pareri, immagini, racconti, esperienze vissute con altri amanti del FemDom.
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